Il Training Autogeno nello sport

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Il Training Autogeno nello sport

Il Training Autogeno (TA) è una tecnica di rilassamento elaborata dal medico tedesco I.H. Schultz nella prima metà del secolo scorso. Esso consiste nell’apprendimento graduale, sotto la supervisione di un trainer (medico, psicologo o psicoterapeuta) con adeguata preparazione, di una serie di esercizi di autodistensione (quelli di base sono in tutto sei) che generano apprezzabili benefici psicofisiologici (per una trattazione più completa, si vedano, tra gli altri, Hoffmann, 1980; Peresson, 1990; Baruzzo, 2014).

Il settore sportivo rappresenta un importante campo di applicazione del TA. L’affermazione del TA nello sport è avvenuta in maniera graduale e quasi casuale, a partire dai resoconti di atleti dilettanti che si erano avvicinati all’allenamento autogeno per motivi personali e che riferivano, tra gli altri benefici, anche migliori prestazioni sportive, maggiore resistenza fisica e più rapido recupero delle energie (Peresson, 1977).

Un primo studio scientifico sull’utilizzo del TA nelle discipline sportive è quello di G. Naruse con atleti giapponesi di ritorno dalle Olimpiadi di Roma del 1960, con cui fu condotto un programma di allenamento che comprendeva il TA in associazione a ipnosi e tecniche di immaginazione guidata, che consentì di ottenere ottimi risultati riguardo alla paura di esibirsi in pubblico precedentemente riferita dagli atleti. A questo seguì uno studio di Z. Tomita, che in un gruppo di nuotatori che avevano appreso il TA evidenziò: minore tendenza a sentimenti depressivi e a sentimenti di inferiorità, maggiore apertura sociale, maggiore obiettività nel considerare le situazioni di gara (in Peresson, 1977, 1990).

In Italia il TA applicato allo sport ha incontrato un discreto successo, ma non ci sono molte testimonianze perché spesso si è trattato di attività svolte da singoli operatori di TA senza finalità di ricerca e divulgazione. Ricordiamo l’esperienza del gruppo di Peresson con la nazionale di sci nella stagione invernale 1973/74, di cui faceva parte anche Pierino Gros, che proprio nel 1974 vinse la Coppa del Mondo (Peresson, 1977, 1990). Anche Paola Giraldi Dragan (1977) riporta la sua esperienza come trainer di TA in una squadra di pallavolo del C.U.S. di Trieste, passata dalla serie C alla tanto desiderata serie B proprio nell’anno in cui la squadra ha seguito un programma di TA.

Il Training Autogeno nello sportNel calcio ricordiamo l’esperienza della squadra del Cesena, sotto la guida dell’allenatore Marchioro, promossa in A durante il campionato del 1975/76 durante il quale i giocatori seguirono anche l’allenamento al TA (una analisi dettagliata sull’impiego del TA nel mondo del calcio la troviamo in Facchini, 1992). In una ricerca di Hashim (2011) su giocatori di calcio adolescenti, l’utilizzo di tecniche di rilassamento ha prodotto negli atleti significative riduzioni nei punteggi di una scala (la POMS- Profile of Mood States – Adolescents) associati a depressione, affaticamento, tensione e confusione mentale.

Nello sport, il TA viene utilizzato in maniera diversa a seconda delle caratteristiche della particolare disciplina sportiva e degli effetti che si vogliono ottenere. Ovviamente negli sport di squadra va preferito l’apprendimento in gruppo, che consente di lavorare contemporaneamente anche sulla condivisione di esperienze e sul clima di squadra.

Possono essere usati solo i due esercizi fondamentali del TA (pesantezza e calore), sufficienti per ottenere un buon rilassamento, oppure anche alcuni o tutti gli esercizi complementari (cuore, respiro, plesso solare, fronte fresca), in base ai distretti e alle attività fisiologiche che rivestono maggiore importanza nel particolare sport. Nella maggior parte dei casi, alle formule standard del TA si aggiungono formule d’organo specifiche (FOS) o formule intenzionali (FI), che consentono di lavorare su specifici distretti corporei le prime (es. “i miei polpacci sono caldi”) , e su particolari proponimenti le seconde (es. “calma e sicurezza nel lancio”, “mi muovo con scioltezza”).

L’introduzione di FOS e FI è concordata dal trainer con l’allenatore della squadra e/o con i giocatori, considerando quali sono le aree corporee maggiormente coinvolte nel tipo di allenamento e le disposizioni più importanti da favorire o eliminare nell’atleta. Spesso il TA è associato alle tecniche di Imagery (in particolare allenamento ideomotorio, ovvero visualizzazione delle sequenze di movimenti fondamentali per la buona prestazione, serve per facilitare l’apprendimento del movimento e per ottimizzarne la successiva esecuzione) all’interno di un percorso di Mental Training (per un approfondimento del Mental Training nello sport si veda Brugnoli, 2008).

Hoffmann (1980) parla di TA come “doping psichico naturale e consentito” per il miglioramento delle prestazioni sportive. Peresson (1977) mette in guardia da quella che definisce “volgarizzazione” del TA, ovvero un uso inadeguato e indifferenziato che ha alimentato negli anni aspettative spropositate. Egli dice che “Il TA non fa di un brocco un campione, perché il primo resta brocco e il secondo campione!”, tuttavia può contribuire a potenziare le qualità sia del “brocco” che del “campione”.

Quando usato in modo professionale, il TA è invece in grado di apportare molteplici benefici, sia al singolo atleta che alla squadra. Ecco i più importanti:

  • Il TA può essere usato come “pausa profilattica” tra un tempo e l’altro della gara, per favorire il recupero delle energie psicofisiche.

  • Il TA aiuta a scaricare la tensione e l’emotività e ad acquisire un maggior controllo su fattori emotivi (ansia, insicurezza, paura) che possono interferire negativamente con il buon esito di una prestazione sportiva; rappresenta quindi un valido aiuto contro la cosiddetta ansia da prestazione, come testimoniato da alcuni studi condotti a riguardo e precedentemente menzionati.

  • Il TA favorisce il rilassamento muscolare, riducendo così il rischio di contratture e di infortuni e rappresentando un importante ausilio nella riabilitazione degli infortuni.

  • Attraverso l’uso di opportune FI, è possibile aiutare l’atleta ad aumentare la sicurezza in se stesso e la convinzione di riuscire a ottenere buoni risultati.

  • La pratica costante del TA, come tecnica di gestione dello stress, appare come intervento efficace di prevenzione degli infortuni, giacché numerose ricerche evidenziano lo stretto rapporto tra stress e infortuni: in part. in una ricerca di Tamorri et al. (2004) gli atleti con punteggi elevati negli indici di stress (occorrenza di precedenti eventi di vita stressanti, caratteristiche negative di personalità, scarse risorse di gestione dello stress) mostravano più alta occorrenza di infortuni.

  • Praticato prima di una gara, il TA favorisce una maggiore concentrazione durante la gara stessa.

  • Il TA favorisce anche un miglioramento del “clima di squadra”: maggiore armonia, superamento di rivalità e antagonismi e aumento del senso di appartenenza e di coesione.

BIBLIOGRAFIA PER APPROFONDIMENTI

  • BARUZZO, R. “Equilibrio personale e Training Autogeno”. Libreria Universitaria, 2014.
  • BRUGNOLI, M.P. “Mental Training nello Sport”. Red Edizioni, 2008.
  • FACCHINI, F. “Il Training autogeno nel calcio- un approccio teorico-pratico”. Ed. Società Stampa Sportiva, 1992.
  • GIRALDI DRAGAN, P. “Il Training Autogeno nella preparazione atletica di una squadra di pallavolo”. Atti del I Convegno Internazionale Cisspat, Edizioni Cisspat, Padova, 1977.
  • HASHIM, H.A. “The Effects of Progressive Muscle Relaxation and Autogenic Relaxation on Young Soccer Players’ Mood States”. Asian Journal of Sports Medicine, Jun 2011; 2(2): 99–105.
  • HOFFMANN, B. H. “Manuale di Training Autogeno”. Astrolabio, Roma, 1980.
  • PERESSON, L. “Training Autogeno, Visualizzazione Guidata e Musicoterapia nello sport”. Atti del I Convegno Internazionale Cisspat, Edizioni Cisspat, Padova, 1977.
  • PERESSON, L. “Psicoterapia autogena”. Cisspat, Padova, 1990.
  • SCHULTZ, I.H. “Il Training Autogeno. Metodo di autodistensione da concentrazione psichica- Quaderno di esercizi per il training autogeno, vol.1”. Feltrinelli, Milano, 2002.
  • TAMORRI, S., BENZI, M. & REDA, M.A. “Psicologia del rischio d’infortunio nello sport: review e studio di una casistica di atleti agonisti nel rugby”. Italian Journal of Sport Sciences, Vol. 11 (1-2; 2004): 34–44.