Alimentazione e mondo circostante: cibo, corpo e relazioni

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rapporto con il cibo e con il corpo


Cibo e relazioni con gli altri

Il cibo può assumere diversi significati per una persona, può rappresentare nutrimento, socialità ed emotività. In alcuni casi può causare sensazioni negative e quindi cosa succede quando mangiare diventa fonte di disagio?

Si inizia a usare il cibo come un vero e proprio strumento, che regola il rapporto con gli altri e la struttura della propria identità. Accade che le persone agiscano principalmente per soddisfare le attese di coloro che li circondano, tutto viene fatto non perchè ci si sente di agire in un modo o nell'altro ma perchè gli altri si aspettano che sia così.

Il giudizio esterno può divenire prioritario rispetto a sè stessi, in questo caso si tende ad avere principalmente riferimenti esterni. I  sintomi legati all'alimentazione potrebbero avere un legame con la personalità che tende verso il polo outward (Arciero, Bondolfi, 2009), ovvero una modalità di rapportarsi al mondo, che come spiegato sopra,  si basa principalmente su sistemi esterni a sè. Un esempio pratico della vita quotidiana, che esplicita meglio questo concetto, potrebbe essere il ritrovarsi ad una cena e non riuscire a rifiutare il cibo che chi è a tavola propone di ordinare, per la paura di essere esclusi o giudicati in modo negativo.

Se capita questa situazione i segnali del corpo non vengono ascoltati, non importa se un cibo mette ansia o viene rifiutato in altri momenti della vita, ma diventa prioritario in quel momento dire di si agli altri. Ciò potrebbe a volte rappresentare una forzatura per il prorpio corpo, di cui ci si può sentire in colpa. Per porre fine all'angoscia creta dall'aver mangiato molto si potrebbe tendere all'eliminazione di ciò che si è assunto, attraverso il vomito autoindotto o altre condotte di eliminazione.
 

Corpo come strumento per differenziarsi

Quando i punti di riferimento sono prevalentemente le attese altrui o i sistemi di regole, il corpo può divenire strumento per differenziarsi dagli altri o mezzo per riconoscersi negli occhi di coloro con cui si entra in relazione (Liccione, 2014). Per cui un rapporto con una persona cara che delude può portare al senso di vuoto e al bisogno di ricorrere al corpo per sentire per esempio il senso di sazietà, mangiando in modo sproporzionato e abbuffandosi.

L'inizio di questo comportamento alimentare può portare al circolo vizioso in cui abbuffarsi diviene in un primo momento il modo per mantenersi pieni, ricorrendo in una  fase successsiva a restrizioni, diete, per mantenere una propria stabilità personale. Tutto ciò comporta conseguenze psicologiche e sociali negative, infatti chi soffre di un disturbo alimentare potrebbe sperimentare sentimenti di irritabilità, ritiro sociale, ansia e depressione (Fairburn, 2014), che richiedono un intervento accurato.

A volte accade però che i comportamenti sopra descritti possano essere vissuti con vergogna e per questa ragione si cerca di sviare alle difficoltà, vivendo per anni con questi problemi prima di richiedere aiuto. Il ritardo nell'individuazione del disturbo alimentare purtroppo comporta difficoltà anche nel trattamento, quindi è fondamentale non attendere molto prima di rivolgersi ad un esperto. In base alla condizione di ognuno e al livello di gravità sarà possibile intraprendere le forme di trattamento più adeguate. 

 

Bibliografia

  • Arciero, G., & Bondolfi, G. (2009). Selfhood, Identity and Personality Styles. New York: John Wiley & Sons (trad. it. Sé, Identità e Stili di personalità, Bollati Boringhieri, Torino, 2012).
  • Fairburn, C. G. (2014). Vincere le abbuffate. Come superare il disturbo da binge eating. Milano, Raffaello Cortina Editore
  • Liccione, D. (A cura di). (2012). Casi clinici in psicoterapia cognitiva neuropsicologica. Padova: libreriauniversitaria.it.