Vivere ed elaborare il lutto

Le fasi dell'elaborazione del lutto secondo John Bowlby

Pubblicato il   / Ansia e Depressione
elaborare il lutto


Il lutto, più di ogni altra esperienza di vita segna uno spartiacque nella vita di un individuo.

Dopo un lutto importante niente sarà più lo stesso,  tutto diventerà  “un prima e un dopo”  e la vita, a quel punto, ci chiederà di fare i conti con noi stessi  e con la nostra capacità di adattamento alla nuova situazione.

Eppure, per quanto  triste, il lutto sottolinea, forse molto più di altri aspetti, quanto, nella vita di ognuno di noi, siano necessarie le relazioni, e quanto siano importanti i legami davvero significativi al punto che una volta formati potranno solo trasformarsi, mai finire nel nulla. Nemmeno con la morte.

Per questo motivo quando parliamo di lutto parliamo di dolore, enorme, certo, ma non fisso e immutabile. Dobbiamo pensare piuttosto a un processo, a un lungo doloroso passaggio della vita psichica in reazione alla perdita della persona cara. Questo percorso è stato studiato da Bowlby e altri ricercatori. È un percorso suddiviso in fasi, attraverso le quali ci si confronta con la perdita e si riorganizza la propria vita; in altre parole si elabora il lutto.

Bowlby distingue quattro fasi del lutto:
 

La fase dello stordimento o dell’incredulità:

che solitamente dura da alcune ore a una settimana, e può essere interrotta da accessi di dolore e/o collera estremamente intensi.
 

La fase della ricerca:

entro qualche ora o talvolta qualche giorno, la persona che ha perso definitivamente una figura cara comincia, anche se in modo discontinuo, a rendersi conto della realtà della perdita; ciò provoca spasimo, fitte di dolore, singhiozzi disperati, e uno stato d’allarme a cui fa seguito la ricerca della persona perduta.

La persona adulta in lutto, probabilmente, è ben consapevole del fatto che non serva assolutamente a niente mettersi in cerca della persona morta, ma ciò non le impedisce di sperimentare comunque quello che appare come un forte impulso alla ricerca. La persona in lutto dunque tenderà a ripercorrere con la memoria tutti i momenti vissuti con la persona scomparsa per mantenere vivida l'immagine e favorirne il ritrovamento e tenderà a dirigere la sua attenzione verso quelle parti dell’ambiente più strettamente legate allo scomparso. Sovente le persone in lutto hanno la sensazione di riconoscere il caro tra la folla, di risentire la sua voce o di percepirne la presenza. Dispercezioni uditive sono presenti soprattutto all’addormentamento e al risveglio. Durante gli accessi di dolore è frequente il richiamo verbale del defunto nel vano tentativo di favorirne il ritorno.
 

La fase della disperazione:

si differenzia dalla precedente per il basso grado di attivazione e vigilanza. Essa è infatti caratterizzata dall’apparente disattenzione e disinteresse per tutto ciò che accade. Lo stato di agitazione è sostituito dal persistente umore depresso e da una generalizzata tristezza. La fase di disperazione nasce dalla consapevolezza che gli sforzi per riavere la relazione perduta sono senza speranza e quindi dall’accettazione della perdita. È uno stato d’animo pervasivo  che può durare gran parte del primo anno di lutto e persiste come sottofondo emotivo per almeno due o tre anni seguenti.
 

La fase di riorganizzazione più o meno riuscita:

perché il lutto abbia un decorso favorevole è necessario che la persona sopporti il tormento emotivo che la perdita comporta. Solo se riesce a tollerare la sofferenza acuta, la ricerca più o meno conscia del come e del perché della perdita stessa, la collera contro chiunque possa sembrarne responsabile (collera che non risparmia nemmeno il defunto), chi ha subito la perdita arriverà a poco a poco ad ammettere e ad accettare che tale perdita è davvero definitiva. A quel punto sarà in grado di ristrutturare la propria vita e gradualmente anche il dolore sordo si trasformerà nella dolce nostalgia del ricordo.

 

 

Fonte:

  • Bowlby J. (1980). Attaccamento e perdita. Vol. 3. tr.it. Boringhieri, Torino, 1983.