Intelligenza emotiva e psicoterapia

Come le emozioni ci aiutano a stare meglio

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Intelligenza emotiva e psicoterapia
L'intelligenza emotiva è alla base di un maggior benessere psicologico e sociale.

Le emozioni rivestono un ruolo essenziale nell’ambito della relazione terapeutica, soprattutto all’interno di un approccio centrato sulla persona; esse rappresentano infatti la via principale per arrivare a conoscere se stessi e gli altri. Il riconoscimento del vissuto emotivo in un clima di accettazione e comprensione empatica consentono alla persona un’esplorazione e accettazione dei propri vissuti progressivamente maggiore, integrando ogni nuova esperienza a cui la persona si apre all’interno di un concetto di sé sempre più complesso e articolato.

E’ però piuttosto difficile definire in modo univoco che cosa sia un’emozione; esse colorano quotidianamente il nostro mondo e ognuno di noi può attribuire un proprio significato ad uno specifico vissuto emotivo, ma non necessariamente la sua esperienza vale anche per le altre persone.

Le emozioni sono infatti entità complesse con un’importante funzione adattativa. In particolare ogni emozione è caratterizzata da:

  • un’attivazione fisiologica dell’organismo (es. tachicardia, tremori, sudorazione);
  • un vissuto affettivo di piacere-dispiacere, che attribuisce una valore positivo o negativo all’esperienza emotiva;
  • una valutazione cognitiva dell’evento e delle sue conseguenze sull’individuo (ad es. “cosa significa per me questo evento? Comporta dei danni o dei benefici per me?”);
  • una componente motivazionale (una specifica emozione infatti può indurci a mettere in atto un comportamento piuttosto che un altro);
  • risposte espressive verbali e non verbali (sguardo, postura del corpo, espressioni del viso) .

Parlando di emozioni, non si può tralasciare uno tra gli aspetti forse più importanti in ambito terapeutico, ossia la competenza emotiva.

Essa comprende un insieme di abilità tra cui innanzitutto la capacità, da parte della persona, di essere consapevole delle proprie emozioni, ma anche di saperle esprimere in modo adeguato.

Un’altra abilità fondamentale è inoltre quella di saper identificare correttamente le emozioni altrui e parteciparvi empaticamente, consapevoli dei fattori che possono influenzare l’altro nella manifestazione dei propri stati affettivi (Rogers, 1970).

Goleman (1995) sottolinea infine anche la capacità di autocontrollarsi e di motivare se stessi, continuando a perseguire i propri obiettivi nonostante le frustrazioni, come abilità necessarie per una buon funzionamento emotivo.

Secondo Goleman l’elemento centrale di quella che egli chiama “intelligenza emotiva” è proprio l’autoconsapevolezza. Questa può essere definita come la capacità di riconoscere un’emozione nel momento in cui essa si manifesta e rappresenta la base su cui possono svilupparsi le altre abilità. L’alessitimia può essere considerata la conseguenza estrema di una totale mancanza di autoconsapevolezza. Alcune persone infatti, pur provando come gli altri emozioni e sentimenti, non sono assolutamente capaci né di identificare il proprio vissuto emotivo, né tanto meno di esprimerlo adeguatamente. Esse hanno un vocabolario emozionale molto povero, hanno difficoltà a comprendere i propri vissuti e quelli degli altri e non sono capaci di discriminare tra stati emotivi diversi, così come tra emozioni e sensazioni fisiche, tanto da essere travolti dai propri sentimenti, senza riuscire a comprendere cosa gli stia realmente accadendo.

Risulta evidente che uno degli obiettivi fondamentali di una psicoterapia debba essere lo sviluppo di un buon livello di autoconsapevolezza, base per un efficace funzionamento e per un buon adattamento.

L’autoconsapevolezza è inoltre il fondamento per la capacità di controllare se stessi e le proprie reazioni; infatti, se siamo consapevoli di ciò che stiamo provando possiamo decidere di non agire spinti dall’impulso di quell’emozione, ma di scegliere invece delle modalità più adeguate per esprimere il proprio vissuto. Saper controllare le proprie emozioni, perseguendo non tanto la soppressione delle emozioni, quanto l’equilibrio, sembra essere alla base del benessere psicologico e della stabilità emotiva, soprattutto quando si tratta di stati emotivi estremamente intensi o durevoli, come un forte stato d’ansia o una profonda collera.

L’utilizzo di strategie adattive di coping, definibili come quell’insieme di strategie per far fronte alle situazioni stressanti, possono essere viste proprio come un’espressione della competenza emotiva dell’individuo ed in particolare della sua capacità di controllo emotivo; basti pensare ad esempio a tutte quelle modalità comportamentali di distrazione (guardare la televisione, leggere un libro, telefonare ad un amico...) che a volte possono essere messe in atto per controllare degli stati emotivi negativi, dovuti a fattori in quel momento non direttamente modificabili.

Goleman prosegue la sua analisi soffermandosi sulla capacità di riconoscere le emozioni provate dalle altre persone ed indicando nell’empatia una delle fondamentali competenze per un buon funzionamento emotivo e sociale. Alla sua base vi è ancora una volta l’autoconsapevolezza, poiché “quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più abili saremo anche nel leggere i sentimenti altrui”(Goleman, 1995; trad. it. p. 124).

L’empatia ha un ruolo centrale in tutti i tipi di relazione sociale e consente di comprendere cosa stia provando un’altra persona in una determinata situazione, permettendoci così di modulare il nostro comportamento in modo più funzionale e adeguato. Per poter cogliere e comprendere le emozioni avvertite dall’altro è essenziale saper leggere il significato dei segnali non verbali (ad esempio il tono di voce, la postura, lo sguardo, l’espressione del volto, etc.), infatti è proprio attraverso la comunicazione non verbale che vengono espressi gli stati emotivi, tra l’altro con una possibilità di controllo e dissimulazione di gran lunga inferiore rispetto al linguaggio.

Come le altre abilità relative al funzionamento emotivo anche l’empatia inizia a svilupparsi nel bambino sin dai primi mesi di vita, osservando come gli altri reagiscono alla sofferenza altrui e imitando le strategie messe in atto dagli altri significativi; fondamentale sembra anche la capacità da parte dei genitori di far sentire il bambino compreso e riconosciuto nell’espressione delle emozioni manifestate, pena l’evitamento dell’espressione dei vissuti emotivi non accolti dalla figura di accudimento.

Le varie capacità che insieme costituiscono quella che in generale viene chiamata competenza emotiva dovrebbero svilupparsi attraverso il processo di socializzazione che ha inizio sin dall’infanzia, ma non sempre il contesto socio-educativo in cui l’individuo cresce è capace di sostenerlo nell’acquisizione di tali competenze; il risultato è quindi quello di formare adulti con una scarsa consapevolezza della propria vita emotiva, una limitata capacità di esprimere i propri vissuti e di comprendere l’altro.

Il raggiungimento di un buon livello di competenza su un piano emotivo è invece uno degli obiettivi primari di un percorso psicoterapeutico, all’interno del quale la persona è sostenuta nello sviluppo della capacità di riconoscere ed accettare le esperienze emotive vissute, diventando così capace di fronteggiare lo stress e le emozioni negative con strategie più funzionali e adattive.

Bibliografia:

  • Borgna, E. (2001) L’arcipelago delle emozioni, Milano, Feltrinelli.
  • Goleman, D. (1995) Emotional Intelligence, New York, Bantam Books. Trad. it. Intelligenza Emotiva, Milano, Rizzoli (1996).
  • Rogers, C. R. (1942) Counseling and Psychoterapy, Boston, Houghton Mifflin Company. Trad. It. Psicoterapia di Consultazione, Roma, Astrolabio (1971).
  • Rogers, C. R. (1970) La Terapia Centrata sul Cliente, Firenze, Martinelli.