Vita psicologica e Fede

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Vita psicologica e Fede

Nel corso delle diverse esperienze vissute nella mia attività di psicoterapeuta, ho realizzato delle osservazioni che mi hanno portata a riflettere su quanto sia importante la presenza della fede (in termini spirituali) nella vita della persona.

In particolare, ho constatato che pazienti depressi, con disturbi dell’ansia o altre forme di disagio psicologico, che manifestavano un “credo” nella vita o in ciò che loro chiamavano Dio (intendo nelle sue varie espressioni religiose) erano proprio quelli che mostravano una migliore prognosi rispetto a chi non lo aveva.

E’ utile tener presente che, l’espressione di un disagio psicologico, talvolta molto grave, non è facilmente “compreso” da chi lo esperisce, ne risulta seriamente compromessa la capacità di guardare a se stessi collocati in un “presente fiducioso” o in un “futuro speranzoso”.

Come il caso della depressione, la quale può essere definita come un “modo di morire” emotivamente e psicologicamente: la persona depressa perde la gioia di vivere e, soprattutto, la VOGLIA DI VIVERE.

Dunque: l’uomo può vivere senza fede? può sopravvivere senza di essa”?

In termini più concreti: la persona che ha fede può diventare depressa? la persona depressa è senza fede?

Sembrerebbe un po’ come risolvere il dilemma: chi è nato prima l’uovo o la gallina?

Vita psicologica e FedeTenendo conto degli scritti di alcuni grandi della psicologia, come Jung, Lowen, sono giunta alla conclusione che la fede può essere definita come un “movimento interiore attivo verso la vita”. Il che presuppone “un’azione” dell’uomo o una “relazione”, che coinvolge il suo mondo interiore (ego, sé, coscienza) e il rapporto con l’esterno (ambiente, società).

Jung sosteneva che:

«Tutto ciò che ho appreso nella vita mi ha portato passo per passo alla convinzione incrollabile dell’esistenza di Dio. Io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all’esistenza di Dio per fede: io ‘so’ che Dio esiste.» (da Jung parla – Interviste e incontri edito da Adelphi ).

E fintanto c’è movimento, non c’è morte.

Questa è una risposta.

Ultimamente, si assiste ad una connessione tra crescente incidenza dei disturbi psichiatrici (si pensi all’alto tasso di suicidi, all’aumento dei disturbi depressivi) e della disillusione, e perdita della fede. Molto probabilmente, gli attuali tempi, permeati da criticità come le condizioni economiche precarie, la perdita del lavoro, la forte incidenza di malattie mortali, minano le credenze religiose.

Per cui, molti uomini perdono la fede e chi perde la fede perde la voglia di lottare, di protendersi (“Tanto a che serve vivere?”). In una situazione di crisi, gli unici a sopravvivere sono quelli per cui la vita ha un significato.

Vi ricordate il famoso racconto del “padre e del bambino”? Scoppia un grave incendio in un palazzo. Un bambino rimane nell’abitazione, circondato dalle fiamme ardenti. Il padre, in salvo, nella strada, grida al bambino di buttarsi dalla finestra perché sotto vi è lui, pronto ad afferrarlo. Il bambino non vede il padre, ma ode la sua voce. Cosa fa? Si butta! SI AFFIDA! E il padre lo salva, prendendolo in braccio. La paura di cadere è tipica dell’umanità. Si tratta di un gioco di fiducia.

A questo punto è utile chiedersi: QUANDO E COME NASCE LA FEDE?

La fede nasce e si sviluppa a partire dalle “esperienze personali positive” di una persona: ogni qualvolta si è amati, si accresce la propria fede, purché si risponda all’amore.

Biologicamente, la fede è accesa e nutrita dall’amore e dalla devozione dei genitori: sensazione, per il bambino, che il mondo sia un luogo accogliente e che sia bello da vivere.

Si pensi anche al primo “contatto” del bambino con il corpo della madre, come accade nell’allattamento, il quale gli provoca sensazioni di piacere in tutto il corpo (piacere orale), conforto e rilassamento (con una madre accogliente).

La FAMIGLIA, dunque, e le prime relazioni affettive, rivestono un ruolo importante nella creazione di autostima e fiducia nel mondo. O in qualcosa di più grande di sé, nell’invisibile.

Così, una persona inserita in una comunità familiare, in cui esperisce accoglienza, amore, protezione, riconoscimento, si sente parte della più vasta comunità “umana”: tutt’uno con gli altri e con la natura. Ciò stimola il lui lo sviluppo della creatività e la nascita di un senso di FIDUCIA IN SE STESSO!

Ecco allora che la fede diventa la FORZA CHE METTE IN RELAZIONE L’UOMO CON IL SUO FUTURO, IL SUO PRESENTE E ANCHE CON IL SUO PASSATO.