Gioco d'azzardo patologico, parliamone!

Quando giocare fa male

Pubblicato il   / Psicologia e dintorni
Gioco d'azzardo patologico

È da qualche anno che la mia attività clinica, mossa dal più profondo interesse, mi ha portata a occuparmi dei disturbi da dipendenza senza sostanza e in particolare del Gioco d’Azzardo Patologico (GAP). È proprio di questo di cui voglio parlarvi in questo articolo.

Una grande conquista è stata fatta in campo medico psichiatrico, in quanto il DSM 5 ha inserito il GAP all’interno del nuovo capitolo Disturbi correlati a sostanze e
disturbi da addiction
. L’aspetto importante interessa sia il fatto che sono state finalmente dichiarate le corrispondenze tra dipendenza da sostanze e gioco patologico, sia dedicare una sezione ben precisa all’interno di uno dei manuali più utilizzati al mondo tra medici, psichiatri e psicologi, dà la possibilità di avere un maggiore
riconoscimento e forse una maggiore attenzione.

Solo negli ultimi anni si sta parlando di questo fenomeno come una vera e propria malattia. Anche tra i miei pazienti e i loro parenti questa assume i caratteri del
“vizio”.
Attribuire i giusti termini a ciò che abbiamo di fronte ci permette di affrontare diversamente, con i giusti strumenti e approcci, ciò che stiamo combattendo. L’idea del
vizio non farebbe che minimizzare questo serio problema; significherebbe che possiamo anche farne a meno, che abbiamo solo un po’ perso la mano e il controllo su qualcosa che in fondo si può anche evitare. Sarebbe come dire a una persona tossicodipendente che tutto sommato potrebbe anche rinunciare al suo “vizio”.

Non a caso metto a paragone queste due dipendenze, perché è ormai confermato, che ci sono aspetti neurobiologici comuni.

Il gioco d’azzardo è una dipendenza che condiziona profondamente tutta la sfera di vita della persona. La vita relazionale e familiare risulta compromessa in quanto
le bugie, i soldi che iniziano a mancare in casa diventano motivo di litigio e incomprensione. A volte la persona potrebbe impegnare le ore lavorative per il gioco,
creando assenze o ritardi ingiustificati. Tutta la vita si organizza intorno al gioco che diventa un vero e proprio pensiero ossessivo.

Il giocatore presenta inoltre una serie di convinzioni che non hanno ovviamente alcun riscontro nella realtà, ma che “lo convincono” che il gioco possa essere
controllato, quando in realtà è solo frutto del caso e della fortuna (se così vogliamo proprio definirlo) se si riesce a vincere. In un processo conosciuto comunemente
come “fortuna del principiante” molti giocatori iniziano ad entrare in questo tunnel dopo una prima vincita considerevole. Alcuni dei pazienti che ho conosciuto
riferiscono proprio questo, che non hanno mai giocato e che una volta, “così per provare” hanno comprato un gratta & vinci e hanno vinto. Questo attiva nel giocatore l’idea che è fortunato, che potrebbe cambiare la propria situazione economica o semplicemente l’eccitazione ha fatto innescare in loro una sensazione piacevole.

FATTORI NEUROBIOLOGICI E PSICHIATRICI DEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO

Le ricerche sul Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) sono sempre più rivolte alla definizione di fattori neurobiologici della malattia e alla sua similitudine con le
tossicodipendenze.

Una ricerca del Dott. Edvige Mancinelli, del Centro Sperimentale per la Promozione della Salute di Perugia, ha elaborato almeno tre punti che farebbero pensare alla corrispondenza tra GAP e dipendenza da sostanze. Il primo: attenzione al sistema dopaminergico.
La dopamina è un neurotrasmettitore che nel nostro cervello ha un rilevante ruolo nella regolazione dell’ umore, sulla motivazione, sulla gratificazione, attenzione e
apprendimento.

<<Nel GAP, l’attivazione del sistema dopaminergico, produce un effetto, al contempo, gratificante ed eccitante, percepito come “sedativo/inibente” di pensieri negativi e/o ansie esistenziali, e capace di incrementare autostima e socializzazione>> (Mancinelli, 2016).

Un interessante affermazione, in quanto il gioco ha davvero un effetto sedativo sulla persona. Una delle cose che più spesso i miei pazienti riportano è il fatto che
utilizzano (o sono utilizzati da) il gioco per rilassarsi, per prendere le distanze dai problemi di vita quotidiana, fatta di stress lavorativo e/o familiare. Il gioco con il suo
effetto dissociativo porta la persona in una dimensione differente, isolata rispetto a ciò che lo circonda. Non a caso lo scorrere del tempo diventa assolutamente
arbitrario, si rimane seduti davanti a una macchinetta senza guardare l’orologio e non accorgendosi che forse si sta facendo tardi al lavoro o che non ci si sta
presentando ad appuntamento. Tutte le droghe sono chiamate ad assolvere questo ruolo: fornire benessere e dissociazione. Solo in una fase successiva, quando la
dipendenza interferisce con la vita quotidiana, allora la dissociazione diventa intollerabile e dal benessere si passa al malessere.

Secondo punto: l’alterazione della funzione della corteccia prefrontale. Semplifico spiegando che quest’area cerebrale guida i pensieri, le azioni in accordo con gli obiettivi, la condotta sociale e l’espressione della nostra personalità. In una ricerca di Balodis (2012) è stata documentata nei giocatori d’azzardo una riduzione
neurale della corteccia prefrontale e questo ha una non indifferente conseguenza sulla capacità di prendere decisioni (come interrompere il gioco) e nella previsione
della perdita che aggrava il quadro clinico della persona.

Ciò comporta un deficit del controllo comportamentale che è strettamente connesso all’impulsività, terzo punto chiarito dalla ricerca di Perugia. I giocatori diventano portatori di storie in cui non sono riusciti a smettere di giocare, in cui appena hanno visto una slot non hanno potuto fare a meno di inserire una moneta, o di non
essere stati in grado di opporsi al desiderio di giocare un gratta & vinci perché si sentivano fortunati.

Inoltre il GAP mostra un’alta comorbilità psichiatrica con i disturbi dell’umore e con il disturbo antisociale di personalità tra le quali caratteristiche troviamo quella di
commettere atti illegali e socialmente inaccettabili. Molte donne e compagne descrivono il proprio partner come padri perfetti, sempre premurosi, comprensivi e
supportavi per la famiglia, e che non si sarebbero mai aspettate che avrebbero rubato in casa propria.
Infatti quando il denaro scarseggia, quando i debiti diventano il pensiero fisso della persona, iniziano anche gli atti impulsivi e illegali legati alla sottrazione del denaro da casa, o firmare assegni falsi, prendere soldi da carte di credito di parenti o chiedere in prestito denaro che potrebbero non restituire. Inoltre nella pratica clinica
l’utilizzo di strumenti diagnostici come il TCIR (Temperament and Character Inventory) mi ha permesso di riscontrare una discreta comune presenza della ricerca di
forti sensazioni
(novelty seeking) come se si andasse sempre alla ricerca di nuove emozioni attraverso il momento che si avvicina alla vincita e anche alla perdita.
Perché sembrerebbe essere non tanto importante il risultato del gioco, quanto l’adrenalina che cresce sempre di più durante l’attesa dell’esito... se poi si vince meglio ancora!

ASPETTI DINAMICI E CLINICI DEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO

Da sempre il gioco ha ricoperto un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo: è un’attività ricreativa e di aggregazione sociale forte e coinvolgente. Il gioco d’azzardo
rientra nei giochi di alea, ovvero quei giochi legati alla fortuna, no alle abilità del giocatore. Non è un caso che molti pazienti dicono di aver giocato perché <<quel
giorno mi sentivo fortunato>>
.
Il gioco d’azzardo, quello che oggi noi conosciamo, ha a che fare con il bisogno di migliorare la propria vita, di diventare ricchi, di sentirsi meglio e di ritagliare un
momento per sé. Non a caso lo Stato Italiano incasserebbe almeno 8 miliardi di euro per il gioco d’azzardo, perché la crisi economica e lavorativa che stiamo
attraversando ha fatto ammontare i giocatori patologici a circa 900 mila.

Gli psicoanalisti furono i primi a interessarsi al fenomeno del gioco d’azzardo proponendo un legame con la tensione sessuale. Il masochismo, la masturbazione e
l’onnipotenza narcisistica sono i tre vertici entro cui si muove la riflessione psicoanalitica. Freud per esempio, in Dostoevskij e il Parricidio, si sofferma sull’aspetto
compulsivo e la perdita del controllo nel soggetto nevrotico.

Per Freud il gioco d’azzardo è una forma di autopunizione in cui domina il bisogno di perdere per espiare la colpa del complesso edipico. Bergler nel 1957 ha
formulato una teoria che vede il gioco d’azzardo entro il concetto del masochismo psichico, che si riferisce al meccanismo difensivo messo in atto dal bambino per
fronteggiare l’aggressività e il forte senso di colpa suscitati dalle limitazioni dei genitori e della loro imposizione del principio di realtà su quello di piacere. Questi
sentimenti, rivolti ai genitori, sono insopportabili per la coscienza del bambino che quindi rivolge a se stesso. In tal modo la colpa e la punizione vengono trasformate
in piacere. È continuando a giocare, fino a perdere, che la persona potrà godere della propria punizione.

Ci sono diverse cause legate al GAP. Sicuramente gli aspetti socio demografici e genetici. Nella clinica sono molto più gli uomini rispetto alle donne e mi chiedo se questo dato è presente perché sono in numero maggiore i giocatori maschi piuttosto che le giocatrici o è solo perché c’è un etichettamento sociale per cui il gioco
d’azzardo è un disturbo prettamente maschile così come si crede che l’anoressia nervosa sia quasi esclusivamente un disturbo alimentare femminile?

Mentre rimane al momento irrisolta la mia domanda, c’è sicuramente una differenza nella tipologia del gioco. Le donne sembrerebbero preferire giochi più isolati
come il bingo e i gratta & vinci. Maggiore sarebbe in loro il senso di solitudine e la disperazione depressiva di una vita che è andata come non doveva andare, di un
matrimonio non felice e di una solitudine profonda e reale. Gli uomini invece preferirebbero giochi che definisco solo apparentemente più attivanti e rivolti al sociale.

Pensiamo alle macchinette che sono sicuramente eccitanti (le luci, i suoni, la ripetitività ritmica delle caselle che girano) ma isolato, e alle famosissime bollette
calcistiche spesso giocate in società con altri, anche se questo è più presente in una fase iniziale, perché poi la tendenza è verso il gioco isolato.

Inoltre la genetica e la familiarità al GAP sono un importante indice predittivo, infatti la presenza di un parente o un familiare affetto da GAP o che gioca troppo,
potrebbe indurre nella persona la possibilità di giocare attivamente per un processo di apprendimento e comportamento appreso. Altri fattori importanti sono le
variabili cognitive: l’illusione del controllo e la quasi vincita. La prima, denominata anche fallacia di Montecarlo, ha a che fare con il sopravvalutare la propria
possibilità di successo in seguito a delle previsioni inesatte: per esempio credere che siccome finora la persona ha perso, allora quasi sicuramente la prossima partita sarà vinta.

La quasi vincita ha invece a che fare con l’idea scorretta che se per esempio si è puntato tutto sul numero 5 ed è uscito 6 significa che si era vicini alla vincita, e ciò
innesca un ulteriore pensiero alla vincita.

Un altro aspetto da non sottovalutare nella clinica ha a che fare con la storia del paziente. Eventi traumatici sono quasi sempre presenti. Questi possono avere a che fare non solo con grandi perdite e abbandoni, ma anche con piccoli eventi traumatici che si sono successi durante la vita della persona. Non è strano infatti sentire
storie che contengono al loro interno la rinuncia a qualcosa, soprattutto a un sogno.

L’ascolto attivo e partecipativo è quello che noi psicologi siamo tenuti a fare.

Il lavoro terapeutico prevede un intervento mirato e costruito per la persona, non il contrario. Adottare tecniche uguali per tutti, modi di agire indifferenti per un
paziente o un altro, non farebbe che portare a un fallimento del setting terapeutico.

Indispensabile figura è la famiglia che si inserisce all’interno del processo di cura. Questa ha un ruolo fondamentale soprattutto per ciò che interessa il “controllo” del paziente. Utilizzo il termine controllo in modo provocatorio perché se prima il giocatore tentava inutilmente di controllare il suo gioco, adesso è lui ad essere
controllato.

Infatti svelarsi alla famiglia, decidere di non dire più bugie che diventano insostenibili, purificarsi da ogni senso di colpa favorisce un lavoro di coppia e con la famiglia insieme al terapeuta. Il lavoro quindi si alterna tra individuale e familiare, ovviamente dopo il consenso del paziente il quale è il primo ad essere tutelato perché è il
protagonista di questo processo.

Il lavoro di coppia è utile anche rispetto alla riconquista della fiducia da parte del partner. Le bugie, i sospetti, le ore passate fuori casa per giuocare, in alcuni casi
attivano nel partner le medesime paure legate a un tradimento e spesso è realmente così, nel senso che le slot, la bolletta calcistica, il cellulare (gioco on line)
prendono il posto del coniuge e purtroppo anche dei figli. Tutto il sistema familiare risente di questa dipendenza.

Non sono rari (anzi direi che è quasi una regola) i momenti in cui i pazienti dicono di stare meglio anche perché l’astensione gli permette di recuperare il tempo
perso con i figli e questi a loro modo li ringraziano per essere più presenti.

GIOCO D’AZZARDO: UN FENOMENO SEMPRE PiU' GIOVANILE

L’espansione del gioco d’azzardo in Italia e nei paesi occidentali, è stata associata ad un aumento delle occasioni di gioco e alla maggiore accettabilità di questo
comportamento e dei comportamenti di dipendenza in generale. Le trasmissioni televisive dei tornei di poker, la pubblicizzazione dei giochi d’azzardo e l’accesso a
internet ovunque ci troviamo, in cui sono presenti innumerevoli giochi d’azzardo on line, connotano, erroneamente, questa dipendenza come “normale”.

Se consideriamo che i maggiori fruitori dei siti on line sono i giovani, non ci dobbiamo stupire se le statistiche ci informano che ammontano a 1,2 milioni il numero dei giovani che nel 2016 in Italia hanno giocato d’azzardo almeno una volta. Se prima a preoccupare i genitori era l’uso di cannabis e marijuana adesso è il gioco ad
allarmarli, anche se è possibile che le sostanze accompagnano il gioco.

Un fenomeno quindi sempre più in crescita probabilmente per il cambiamento della società. Gli adolescenti ormai si annoiano! Non sono più stimolati da attività sociali e riflessive, ci si rifugia in uno smartphone o in un computer. Non si parla più con i propri coetanei, ormai si chatta e si comunica tramite whatsapp anche se si è nella stessa stanza.

Non ci sono più emozioni, non vengono più vissute, e quindi si va alla ricerca di forti sensazioni attraverso il rischio. Si gioca per stare insieme senza condividere, si
gioca insieme per scommettere e per riuscire a “prendere una squadra” e dividere la vincita o consolarsi nell’aver perso solo pochi euro, rimettendosi subito all’opera per studiare le prossime squadri vincenti.

Un problema di comunicazione: non si è più ascoltati e non c’è nemmeno la voglia di farlo. Si inizia a giocare per divertimento, perché lo si vede fare agli amici e agli
adulti; si gioca per vincere qualche euro che permette loro di comprare l’ultimo paio di scarpe alla moda.

L’ adolescenza è anche un periodo molto particolare per la vita di un ragazzo, i cambiamenti biologici e sessuali, il cambiamento del proprio corpo e l’identità che
prende forma, lo mettono in crisi e nel bisogno di conferma potrà trovare facilmente un rifiuto negli altri. La ricerca dell’oggetto come sostituto a questa delusione
diventa quindi necessaria.

Purtroppo sono veramente pochi i giovani che chiedono aiuto per una dipendenza da gioco, perché il denaro che spendono è quello dei genitori e quindi
diversamente da quello che può accadere con un adulto, l’adolescente, almeno in una fase iniziale, si farà bastare quello che gli viene fornito. Poi è molto probabile
che inizieranno i piccoli debiti e furti in casa esattamente come per l’adulto.

È in questo momento che il genitore si rende conto che il figlio ha un problema e chiede aiuto. Altri segnali potrebbero essere lo scarso rendimento scolastico, le
assenze ripetute e la preferenza per amici con cui si possono condividere le scommesse. Costruire un’alleanza terapeutica con un adolescente è molto più
impegnativo perché si trova di fronte non solo uno psicologo ma anche un adulto, portatore di regole morali non accettabili. È importante quindi che il giovane si fidi
prima di iniziare un qualsiasi intervento.

Di fronte al rischio di creare generazioni dipendenti, mi chiedo come sia sufficiente la frase delle pubblicità <responsabilmente>> un paradosso dal quale doversi difendere.

Concludo pensando al fatto che forse non a caso oggi il gioco d’azzardo è diventato una vera e propria dipendenza, insieme alla dipendenza da internet e dei social
network, perché viviamo in una società sola, in cui il bisogno di realizzare i propri desideri, di soddisfare i propri bisogni passa dalla patologia, perché in fondo siamo molto più soli di quello che i social ci vogliono far credere.

Bibliografia

  • Balodis IM., et all. “Diminished Frontostriatal Activity During Processing of Monetary Rewards and Losses in Pathological Gambling” , Biol Psych,2012.
  • Bergler E. “The Psychology of Gambling”, Hill and Wang, 1957
  • Freud. S. (1927), Dostoevskij e il parricidio
  • Mancinelli E., “Gioco, gioco d’azzardo, gioco d’azzardo patologico. ”, in La Salute Umana, n. 261 mag-giu 2016.