Il sonno, l'insonnia e l'orologio circadiano

Pubblicato il   / Psicologia e dintorni
sonno e insonnia

Il tuo cuscino è diventato un nemico?

Coricarti la sera ti procura una grande pena perché già sai che non andrà per niente bene?

Niente, niente soffri d’insonnia.

Ma ti sei mai chiesto che cosa sia il sonno, o quante ore sia necessario dormire per stare bene, o ancora se sia meglio andare a dormire tardi e svegliarsi presto o il contrario?

Se non ti sei mai posto queste domande non è strano, perché il sonno è qualcosa di naturale: ci si corica, si chiudono gli occhi e dopo un po’ si dorme, non ci si accorge neppure di come sia accaduto, però è così tutte le sere.

Solo a chi soffre d’insonnia non capita quasi mai.
 

Cos’è l’insonnia?

Esistono 5 fasi del sonno: fase REM, 1° 2° 3° e 4° fase.

  • La 1° fase è quella del  sonno più leggero e occupa il 5% del sonno totale.  In fase 1 il sonno è così lieve che se ci si sveglia si negherà di stare dormendo.
  • La 2° fase occupa il 50% della notte.
  • La 3° e 4° fase sono quelle di sonno profondo e occupano il 20% del sonno totale. Se uno si sveglia in fase 4 si troverà disorientato, non riconoscendo neppure il luogo in cui si trova.
  • Infine la fase REM, la più conosciuta, che gestisce il 25% della nostra nottata.

Si tende a credere che la fase REM sia la più importante, ma non è vero: è solo l’unica ad avere un nome.

Durante la fase REM si sogna: per questo motivo è stata studiata e per questo è stata battezzata.

Le varie fasi del sonno sono tutte ugualmente importanti e vengono classificate con le onde cerebrali: onde molto rapide da svegli, in fase REM e fase 1; al contrario, molto lente in fase 3 e 4.

Il sonno è come un viaggio organizzato in otto tappe o fasi:

  1. La prima tappa è quella in cui ci addormentiamo entrando in fase 1,
  2. man mano che il sonno diventa più profondo entriamo in fase 2
  3. poi 3
  4. poi 4
  5. dopo la fase 4 il sonno si alleggerisce di nuovo ed entriamo in fase REM, sogniamo e talvolta ci svegliamo,
  6.  ripiombiamo nella fase più profonda del sonno, la 4
  7. per poi avviarci progressivamente verso il risveglio attraversando la fase REM,
  8. risalendo la fase 1 fino ad aprire gli occhi poco prima della sveglia.

Chi dorme bene si addormenta facilmente, si sveglia più volte durante la notte ma normalmente non se lo ricorda e si desta poco prima dell’ora stabilita. Chi soffre d’insonnia attraversa tutte le 8 fasi esattamente come chi dorme bene, in altre parole l’architettura del sonno degli insonni non è diversa da quella di chi insonne non è.
 

Ma allora cosa differenzia il sonno dell’insonne da quello di chi dorme bene?

L’insonnia si distingue in :

  • iniziale: difficoltà ad addormentarsi;
  • di mezzo: ci si sveglia più volte durante la notte e si fa fatica a riaddormentarsi;
  • insonnia finale : ci si sveglia, cioè, molto prima che suoni la sveglia.
  • A volte l’insonnia centrale e tarda si uniscono prendendo il nome di insonnia della manutenzione del sonno.

Secondo il DSM-V e l’ICD10 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders  e International Classification of Diseases: i due principali sistemi di classificazione utilizzati in psichiatria) per diagnosticare questa condizione clinica é necessario che almeno uno dei sintomi si verifichi almeno tre volte a settimana e persista per almeno tre mesi. Ovviamente il problema dell’insonnia non riguarda solo la notte perché ha ripercussioni durante la giornata :

  • affaticamento
  • difficoltà di attenzione e concentrazione
  • scarso profitto a scuola
  • disturbo dell’umore
  • ansia e depressione
  • mal di testa.

 

Quando l’insonnia comincia ad essere grave?

Un’insonnia comincia ad essere considerata grave se rispetta la “regola dei 30 minuti”: 30 minuti per addormentarsi, 30 minuti complessivi di risveglio, 30 minuti prima della sveglia.

Soffrire occasionalmente d’insonnia non è per niente raro: una preoccupazione, un trasloco, un nuovo compagno di letto, un malessere; i motivi possono essere tanti, ma rimossa la causa scatenante sparisce pure lei.

L’insonnia cronica è diversa. Circa il 10, 15% della popolazione soffre di questo disturbo e ciò, come abbiamo già visto, ha un impatto pesante sulla vita di tutti i giorni, sulla salute generale, sulla performance professionale, sull’assenteismo.

L’insonnia cronica nasce per le stesse cause dell’insonnia occasionale con la differenza che rimosse le cause scatenanti lei non se ne va. Come mai?

A causa dei fattori perpetuanti che restano attivi anche quando il fattore scatenante non esiste più.

Ma cosa sono i fattori perpetuanti?

Quando una persona comincia a soffrire d’insonnia comincia  a modificare le abitudini legate al sonno nel tentativo di risolvere il problema o comunque recuperare ore di sonno perdute durante la notte fino ad alterare il proprio orologio circadiano.
 

Cos’è l’orologio circadiano?

Il nostro orologio circadiano principale si trova nel cervello, nell'ipotalamo, in una piccola regione chiamata nucleo soprachiasmatico. Agisce come un pacemaker, è sensibile ai cicli di luce e buio esterni e quindi manda dei segnali per sincronizzare su questo ritmo tutti gli orologi del nostro corpo: lo stato di allerta, la temperatura corporea e così via.

Una persona che non soffre d’insonnia, dalle 11 di sera alle 7 di mattina si trova nella condizione fisica ideale per dormire perché raggiunge il minimo di allerta e di temperatura corporea mantenendole tali fino a una, due ore prima del risveglio, dopodiché ricominciano a crescere sia i segnali di allerta che la temperatura corporea e la persona  alla fine si risveglia.

La persona con il ritmo circadiano alterato non andrà a dormire all’ora giusta, non raggiungerà la temperatura minima al momento giusto e faticherà a risvegliarsi. O al contrario comincerà ad avere sonno (perché lo stato di allerta e con esso la temperatura corporea si saranno abbassati) troppo presto, tutto verrà anticipato, così pure il risveglio.

A questo punto, nella maggioranza dei casi cosa accade? La persona che soffre d’insonnia comincerà a preoccuparsi perché  non riesce più a dormire, si sentirà frustrata, magari angosciata per ciò che potrebbe accadere durante il giorno, comincerà a crearsi superstizioni “se non vado a letto a una certa ora mi andrà male tutta la notte” ed è ovvio, questo pensiero la terrà sveglia invece di farla dormire.

La persona che soffre d’insonnia tenderà ad  attribuire al sonno disturbato la responsabilità di tutto ciò che di brutto le accade, penserà al sonno in continuazione e quando arriverà la notte guarderà al cuscino come a un nemico, sforzandosi con tutta sé stessa di dormire. Ma non ci si può costringere a dormire, come non ci si può costringere a digerire più velocemente. La persona che soffre d’insonnia risolverà il suo problema solo smettendo di pensare continuamente al sonno e di sforzarsi a dormire.
 

Ma è possibile smettere di pensare?

Smettere di pensare in generale no, ma di pensare costantemente al sonno sì.

La terapia cognitivo comportamentale ha elaborato un protocollo di cura specifico per l’insonnia, (CBT-I) ritenuto attualmente il trattamento più efficace per l’insonnia cronica. La CBT-I ha la stessa efficacia della terapia farmacologica ma dura di più, dura cioè ben oltre la fine del trattamento, migliora la qualità e la quantità del sonno, riducendo così i sintomi diurni conseguenti alla mancanza dello stesso e ha l’indubitabile vantaggio di riuscire a prevenire le ricadute.

 

Fonti:

  •    American Psychiatric Association, DSMV (2013)