La fobia scolare

Il ruolo della scuola nella genesi della fobia scolare

Pubblicato il   / Psicologia e dintorni
La fobia scolare

La fobia scolare o fobia scolastica è un disturbo che colpisce circa il 2% della popolazione in età scolare (Kearney, 2004) ed è caratterizzato dal rifiuto persistente e irrazionale della scuola, accompagnato da sintomi somatici, manifestazioni d’ansia e di panico. Un aspetto fondamentale, spesso sottovalutato dai teorici e dai ricercatori è il ruolo che ha la scuola nella genesi e nel trattamento del disturbo. La scuola può introdurre diversi elementi stressanti nella vita di un bambino. Problemi come il bullismo, l’assenteismo, le violenze, la rigida suddivisione degli studenti in base alle caratteristiche e alle capacità, le relazioni alunni- insegnanti impersonali o addirittura ostili; il mancato monitoraggio da parte del personale scolastico delle zone pubbliche, sono tutti fattori che possono contribuire al rifiuto della scuola.

Il ruolo degli insegnanti è essenziale per identificare le difficoltà a uno stadio iniziale e per fornire un ambiente scolastico supportivo e facilitante. E’essenziale che gli insegnanti facciano attenzione ai primi segnali e che chiedano tempestivamente aiuto al fine di favorire un rapido ritorno a scuola del bambino e un successivo reinserimento scolastico (Blagg & Yule, 1984).

Nei casi di rifiuto della scuola gli insegnanti hanno un ruolo chiave anche nella gestione dell’ambiente. Essi possono apportare modifiche all’orario del soggetto, assicurarsi che non resti solo nelle situazioni in cui si sente meno protetto (es l’ intervallo), evitare che gli si rivolga con atteggiamento inquisitivo riguardo alle sue assenze precedenti.

Blagg (1987) ha svolto delle osservazioni riguardo alla scuola che possono aiutare l’alunno a farvi ritorno:

  • Preoccupazioni legate alla scuola: chiedersi se il bambino ha bisogno di mettersi in pari e se ha bisogno d’aiuto, se ha disturbi dell’apprendimento per cui dovranno essere messe in atto misure adeguate, se c’è l’eventualità che il bambino resti a scuola in orari diversi rispetto a quelli delle lezioni ufficiali;
  • Preoccupazioni legate ai pari: (bullismo, vittimizzazione, derisione), necessità che il bambino mantenga un basso profilo con i compagni (evitare di farlo leggere ad alta voce o rispondere a domande dal banco.)
  • Preoccupazioni legate all’insegnante: l’alunno prova un’ansia particolare riguardo a un’insegnante? Si può pensare di fargli cambiare classe per evitare questo problema?C’è un altro modo?

E’ essenziale che la scuola metta a disposizione del bambino uno spazio tranquillo in cui rifugiarsi poiché nei primi stadi del reinserimento scolastico l’alunno potrebbe esperire panico, rabbia, è quindi essenziale che abbia uno spazio in cui poter gestire queste complicazioni. Un elemento positivo per il reinserimento può essere l’accoglienza a scuola da un insegnante o dei compagni particolarmente graditi al bambino. L’autore inoltre, è uno strenuo sostenitore del “ritorno forzato a scuola”, ed ha elaborato a proposito, un programma dettagliato, suddiviso in vari stadi:

  1. Preparare il bambino, i genitori, gli insegnanti al ritorno a scuola.
  2. Stabilire i cambiamenti necessari sia a scuola sia a casa.
  3. Far sì che il bambino arrivi effettivamente a scuola ogni mattina (ad esempio con degli adulti che lo accompagnino.)
  4. Stabilire procedure di monitoraggio e follow- up.

E’auspicabile che il bambino ritorni a scuola gradualmente, per vivere inizialmente solo le situazioni che gli procurano meno ansia, fino a riguadagnare la normalità, progressivamente (Blagg, 1987.)

Gagliardini (2008) afferma che oltre ai disturbi psicopatologici veri e propri, sono molteplici i fattori stressanti che possono indurre il bambino a manifestare ansie e paure a scuola:

  • Essere vittima di bullismo
  • Iniziare la scuola per la prima volta
  • Cambiare residenza e scuola
  • Assenze prolungate per vacanze o malattie
  • Il lutto per una persona o un animale
  • Subire abuso o assistere a un evento tragico
  • L’arrivo di un fratellino
  • La malattia di un familiare
  • Litigi, separazione o divorzio dei genitori
  • Stile educativo coercitivo e repressivo
  • Poche amicizie o nessuna
  • Essere escluso dagli altri
  • Scarso rendimento scolastico
  • Critiche ripetute degli insegnanti
  • Forti richieste dei genitori e della scuola
  • Aver avuto un attacco di panico.

Oltre a questi fattori possono entrare in gioco anche altri elementi, ad esempio il bambino può soffrire di anemia, può avere un ciclo del sonno troppo breve, uno stile di vita troppo frenetico, un’alimentazione eccessiva o non equilibrata che può renderlo deconcentrato e più suscettibile alle alterazioni emotive. Anche le dinamiche di classe sono importanti. In alcuni casi si basano sulla competizione e si può confondere il valore di un allievo con il suo rendimento. Se la stima e la considerazione per un bambino o per un ragazzo si basano solo sui suoi successi scolastici, egli prova una continua tensione e apprensione che non gli fa vivere la scuola in modo sereno. Anche l’insegnante può avere un ruolo in queste dinamiche, è fondamentale, infatti, che la docente sia empatica e ascolti i suoi allievi, che possa fungere da “tramite” per l’apprendimento. Errori tipici in cui possono incorrere i docenti sono metodologie didattiche inflessibili e inadatte, un eccessivo utilizzo della critica, la ridicolizzazione di errori, tutti questi comportamenti possono minare l’autostima dei ragazzi più sensibili e destabilizzarli rispetto all’ambiente scolastico.

Le differenze interindividuali tra i diversi soggetti sono imputabili a diversi fattori, ad esempio un soggetto timido, con inibizione comportamentale, con dinamiche familiari particolari (madre ansiosa o iperprotettiva, padre assente, eccessiva enfasi sulle probabilità di successo scolastico), rendono un soggetto più vulnerabile allo sviluppo della fobia scolare (Gagliardini, 2008).

Nell’adolescenza, non di rado la fobia scolare è un sintomo di un disturbo depressivo che può essere aggravato da alcuni disturbi del comportamento come l’abuso di sostanze, le condotte aggressive, antisociali, le fughe e in casi estremi da tentativi di suicidio (Perrella, 2006.)