Tutte le persone sono passate inevitabilmente da un percorso psicotico, tutti infatti hanno durante i primi due anni di vita oltrepassato una fase di totale incertezza, che può essere stata un’incertezza assoluta, sì un’incertezza molto pericolosa tantomeno per la sopravvivenza.
Basta anche stare un attimo senza la mamma che fin da allora è stata sempre presente e ti ha protetto da qualsiasi pericolo, o nascere e subito stare male e finire in incubatrice per un lungo periodo senza nessun contatto materno corporeo verbale e non verbale, che la situazione diventa subito drammatica!
Oppure quelle malcapitate situazioni dove una madre, per esempio, soffre di depressione post partum, una depressione improvvisa che la porta a perdere anche solo temporaneamente il suo stato di sintonizzazione con suo figlio, provoca nel nascituro, che subisce in quel momento la perdita, l’abbandono della madre, che già allora può venire visto come un rifiuto. E subentra di colpo nel neonato una profondissima paura di morire, che diviene subito un profondo imprinting, perché per quegli attimi iniziali il bambino è privo di difese, e diventa di colpo vulnerabile, e quindi è assolutamente solo e in preda al terrore della morte, riesce cioè a sentire quella sensazione di poter morire, di poter non farcela, che non c’è più niente da fare.
Il neonato è in grado di sentire questa sensazione tremenda di pericolo, quando anche solo per poco tempo viene posto nella condizione di perdere totalmente la protezione materna o di qualsiasi altro caregiver. Ma la mamma è una sola, e il caregiver può essere sufficiente, ma non è come la mamma! La mamma è unica e rimane sempre unica!
A volte i pazienti non si sanno spiegare cosa può essere successo da zero a due anni, quel fatidico momento in cui il bambino ancora non può fisiologicamente e psicologicamente parlare perché non si è ancora sviluppata la struttura corticale che permette il linguaggio. In quei momenti non si riesce a tornare, a regredire attraverso la memoria, naturalmente, perché il bambino è troppo piccolo, ma ci può essere una memoria emotiva, una memoria di emozioni profondissime ed inquietanti, che attraverso un trigger, e cioè uno stimolo attuale presente che può far rivivere un evento traumatico o doloroso, fa riemergere il vissuto che era rimasto fino ad allora latente, profondo. Il trigger può essere un'immagine, una parola, un suono, un odore o un comportamento, o una qualsiasi cosa che evoca all’adulto quel ricordo, magari anche dopo 40, 50 anni, 60 anni, ti può riportare diretto a quell’emozione che può essere profonda, terribile, quando il corpo ti trema e la paura è quella della morte.
Mi viene in mente il bambino che cammina ai bordi di un marciapiede di una strada frequentata di Milano, dove le auto sfrecciano, un bambino mano nella mano alla madre, che lo tiene stretto stretto. Sa la madre che se lei molla la mano, o se il bambino molla la presa e si sgancia, specialmente se il bambino è molto piccolo, anche se già cammina, può entrare in una situazione di totale pericolo, può cioè andare a finire sulla strada e una macchina lo può falciare ed uccidere di colpo.
Sì, qui il tema principale è la morte. Il pericolo di morire, che secondo me fin dalla nascita è una facoltà che è in grado di percepire un bambino anche appena nato, ma probabilmente anche una sensazione che da un certo mese può provare già il bambino nell’utero, quando, nonostante sia nel suo grembo, la madre perde, magari perché è profondamente depressa, qualsiasi sintonizzazione con lui e lo lascia così tremendamente solo, in balia per esempio dell’ormone dello stress, il cortisolo, quando la mamma è particolarmente stressata, angosciata o ansiosa o depressa.
Quando invece c’è una madre sufficientemente sintonizzata che protegge il bambino, il bambino non viene generalmente mai a sentire questo pericolo, o almeno è un pericolo che prova poche volte e quindi impara a gestirlo, ma basta un momento di perdita totale di protezione, che il bambino eccome lo sente questo pericolo, si sente minacciato dal mondo esterno che viene visto come pericoloso, molto pericoloso. Al punto che senza le difese qualcuno nel mondo lo può uccidere.
Ricordo un paziente che era molto fragile, che è stato quasi due anni perennemente con il corpo che aveva ogni giorno non meno di 37.5°, che è già considerato uno stato alterato di febbre. Non si riusciva a capire cosa fosse questa sua alterazione organica, per poi capire, dopo una serie infinita di esami medici, che il problema non era organico, medico, ma il problema era che il paziente si trovava probabilmente dopo un trigger molto forte che l’aveva destabilizzato, in uno stato regressivo di enorme paura di morire, che è persistito addirittura per due anni. E quindi il corpo rimanevacostantemente in allerta, in stato difensivo. Ma quanto potere hanno la nostra mente e le nostre emozioni!
Sì, è la paura di morire che caratterizza questo stato di assoluta, di totale incertezza, che di solito colpisce prevalentemente il corpo. Sì, perché si ritorna indietro, se si riesce si regredisce fino a provare quella sensazione corporea fisiologica di paura, di terrore, che si percepisce come un dolore immenso, che è stato caratteristica di un bambino da zero a due anni, quando il bambino gravemente non sintonizzato con la madre, non si può difendere attraverso la parola, ed è totalmente succube della paura del suo corpo che cede, che non lo può più sostenere, un corpo che non lo può più difendere dall’attacco improvviso dei predatori, che a questo punto è convinto che ci siano da tutte le parti. Questo è lo scenario che dobbiamo mostrare in diretta al paziente nella nostra psicoterapia che a questo punto, per essere la più efficace possibile, è necessario sia la più possibile didattica.
Io parlo sempre ai miei pazienti che si sono scompensati, o che si sono un po' o più o meno scompensati, che sono a volte costretti a prendere psicofarmaci perché non reggono una paura così forte devastante, o vivono situazioni di panico, che è come se implumi e non sufficientemente pronti, sono caduti dal nido dove la loro mamma uccellina li proteggeva, e si ritrovano così di colpo sperduti in una foresta a loro avviso, esame di realtà sfasato, piena di animali predatori che da un momento all’altro possono ucciderlo!
Sì, il fattore sorpresa è determinante! Il bambino che fino ad allora era stato protetto, si ritrova di colpo senza protezione, ed è totalmente indifeso e impotente, come se fosse paralizzato dopo essere entrato in una vasca di acqua bollente e non avere le risorse per reagire, per uscirne fuori. Sì, la parola giusta in questi casi è impotenza. Il bambino non ha avuto il tempo di sperimentare situazioni analoghe dove è riuscito a cavarsela. Il fattore tempo è fondamentale. Ti arriva tutto all’improvviso, una botta di pericolo di morte all’improvviso, quando il bambino non è preparato. E può essere assolutamente non preparato perché già fragile di per sé!
Diceva Correale che ci sono certe situazioni drammatiche che si è nell’impossibilità di reagire, e si è costretti a subire un abuso, senza essere per nulla in grado di difendersi, sì è di colpo costretti in uno stato di totale impotenza, come quando ti scoppia una bomba in un bombardamento, e quello stato è veramente uno stato in cui si ha paura di morire, uno stato che sembra non finire mai, che si cercherebbe sempre di evitare perché pericolosissimo, uno stato dove il malcapitato a qualsiasi età ha la netta sensazione che può morire da un momento all’altro, uno stato dove definitivamente ha perso ogni speranza di vita e di salvarsi!
Ricordo un paziente che raccontava un suo vissuto, che in adolescenza era andato a fare un viaggio in autostop attraversando l’Europa da Napoli a Londra, all’età di 17 anni, che durante un passaggio in Olanda, preso in autostrada, si era addormentato nell’ auto di chi gli aveva dato il passaggio, per poi trovarsi sveglio con l’auto ferma fuori dall’autostrada ferma sul marciapiede, mentre chi gli aveva dato il passaggio lo invitava a scendere dall’auto e salire in casa sua! Terrore, panico! Ma bisognava avere sangue freddo! Ricordo che mi diceva che in un primo momento si terrorizzò quando il proprietario della casa si assentò per un periodo abbastanza lungo lasciandolo in cucina da solo, e lui non solo era terrorizzato all’idea che tornasse con un’arma per ucciderlo, o per violentarlo sessualmente, ma aveva visto una voliera dove c’erano dei canarini morti, alla base della voliera stessa!
Fortunatamente la forte tensione che l’aveva totalmente paralizzato, che doveva mascherare, finì solo quando la persona, che l’aveva ospitato e che era una brava persona che non aveva male intenzioni, lo riaccompagnò in autostrada. Fu, mi raccontò, uno dei momenti più difficili della sua vita! Questa persona gli offrì un pranzo che lui non assaggiò nemmeno, naturalmente, perché aveva paura di essere avvelenato, ma poi lo riportò in autostrada. Quando il paziente mi raccontò questo suo evento assolutamente traumatico, dove aveva avuto una tremenda paura di morire, fino al punto di essere convinto che lo avrebbe ucciso, ci accorgemmo che questo episodio fu anche un trigger che gli ricordò emozioni di morte latenti nascoste dentro di lui, emozioni che probabilmente aveva subito da zero a due anni, che insisto nel dirlo, è il momento più fragile per qualsiasi persona.
Sì, quando il bambino è assolutamente preverbale, e ripeto non può difendersi non solo con le parole, ma il suo corpo è ancora fragile e indifeso, basta una madre non poco attenta e poco sintonizzata che il bambino rischia di subire un trauma che può innescare uno stato psicotico che può risultare lacerante. In You Tube, si può trovare un esperimento che si chiama “Still Face” del Dott. Edward Tronik, che consiste nel fare vedere ad un bambino molto piccolo, appunto da zero a due anni, una madre prima gioiosa e sintonizzata con lui, che dopo un po' che interagisce con il bambino comportandosi empaticamente con lui, si gira e ritorna nella scena con un viso fermo totalmente diverso, impietrito, con uno sguardo fisso nel vuoto, quasi una mamma che muore di colpo, il cui viso si spegne di colpo.
Questo comportamento della madre, anche solo per pochi momenti, si vede bene nel video, è sufficiente da lasciare il bambino prima stupito, poi sempre più inquieto, per poi cadere in un pianto disperato, inconsolato. Alla lunga questo atteggiamento porta ad uno stato completo, assoluto di panico. È questa reazione del bambino non è altro, alla lunga, che la sua paura di morire di colpo, quando la morte la senti vicina e la senti possibile, e il tuo corpo trema dalla paura, e il tuo sguardo è paralizzato. Sì, perché di colpo si perde la sintonizzazione con la madre, e lui si ritrova totalmente solo sperduto indifeso non protetto, perde di colpo la sua base sicura che lo difende dal pericolo di morire, e si affaccia nel bambino, che generalmente in questi casi scoppia a piangere e diventa paonazzo e si inarca, la reale consapevolezza che è possibile morire. E non c’è nessuno che ti potrà più difendere, no, non c’è nessuno che ti potrà salvare!
Sì, la sensazione che non c’è più nessuna speranza di vita, di salvezza, che non è più possibile salvarsi, come una persona che è portata al patibolo, il condannato a morte che sa che non c’è più nessuna speranza, e che morirà certamente … deve essere una cosa terribile, che è talmente devastante che è impossibile dimenticare.
Sì, è questa emozione terribile che mi interessa avervi evocato, perché nella vita tutti abbiamo attraversato almeno una volta un pericolo del genere, ne sono convinto, anche colui che ha avuto la madre più attenta che ci potesse essere. Basta pensare quelle situazioni quando il neonato scoppia dentro un pianto inconsolabile e né la mamma né il padre né nessuno che è lì riesce a calmarlo, e questa situazione drammatica si prolunga nel tempo fino a quando i genitori si decidono a portare d’urgenza loro figlio neonato in ospedale.
Pensate ai bambini maltrattati ed abusati che vengono picchiati dai genitori, che ogni volta che vengono picchiati e subiscono una violenza non sanno più come difendersi, a quei bambini che piangono disperati, e dopo l’ennesima cinghiata implorano all’aggressore di smetterla! E a volte sono talmente traumatizzati che sono passivi a subire la violenza, totalmente paralizzati, muti, impietriti! Sì, anche lì secondo me può subentrare la paura di morire, la paura che a volte può rasentare la certezza di morire, che la morte se non cambia la situazione avverrà necessariamente da lì a breve tempo!
Bene, la psicosi cos’è? È proprio quell’emozione profondissima di perdere qualsiasi punto di riferimento protettivo, nei momenti più difficili della vita, quando si ha avuto bisogno di una madre assolutamente protettiva che ti impedisce di essere ucciso dal mondo vissuto come pericoloso e persecutorio, una mamma che magari di colpo toglie quello scudo protettivo che protegge il bambino quando è in preoccupazione materna primaria, che si ritrova di colpo in pericolo di morire.
Sì, l’effetto sorpresa è micidiale, perché se l’evento è immediato, come un terremoto, dove ti crolla la casa in testa e non fai in tempo neanche ad andare sotto un tavolo, non c’è il tempo per difendersi, per preparare la controffensiva. È difficile spiegare questo tipo di emozioni, no, mi accorgono che forse non bastano le parole, ma bisogna averle provate, essere stato ad un centimetro dal fuoco della bocca del drago e all’ultimo momento avere schivato il getto di fuoco! Sì, mi viene la pelle d’oca solo a pensarci!
Il bambino che non è mai stato in pericolo può ritrovarsi di colpo in questo stato, dove di fatto non è protetto, sì non è assolutamente protetto, e la cosa può avvenire in un attimo! Magari quando la mamma che l’aveva sempre accudito e protetto in maniera sufficientemente buona alla Winnicott, sparisce di colpo, per un qualsiasi motivo, sparisce e il bambino che non ha mai provato questa esperienza di perdita, è paralizzato, e la aspetta, ma la mamma non arriva, la aspetta ancora e la mamma non arriva, e la situazione diventa per lui sempre più drammatica! Ricordo che un paziente miraccontò che da molto giovane, aveva sicuramente meno di dieci anni, era andato in viaggio con i suoi fratelli e i suoi genitori in Germania, e in una piazzola dell’autostrada, si era allontanato senza saperlo in mezzo al bosco adiacente, fino ad un certo punto a ritrovarsi perso nel bosco, assolutamente perso, senza poter ritrovare la via d’uscita!
Il paziente ricorda che sono stati puri attimi di panico, ma lui ha trovato la forza di fermarsi e di ragionare! In mezzo nel bosco aveva come unico punto di riferimento le auto dell’autostrada che sentiva in lontananza, e allora ha avuto la forza ed il coraggio di seguire quel suono fino, per fortuna, raggiungere l’autostrada. Aveva nel frattempo incontrato un uomo nel bosco, e aveva provato una paura immensa che gli facesse del male! Ma una volta raggiunta la strada, aveva percorso per lungo tempo il sentiero adiacente all’autostrada fino per fortuna a raggiungere la piazzola dove c’era la sua famiglia ad aspettarlo, dove tutte le persone erano state allarmate, ma il problema è che il paziente racconta che le persone parlavano tedesco. Ma non è finita qui! Il paziente mi ha raccontato che una volta raggiunta la loro auto, mentre sua madre piangendo l’ha abbracciato, suo padre ha iniziato a picchiarlo a sangue con la cinghia dei pantaloni, tanto era disperato e convinto fosse l’unica soluzione per evitare che il bambino ripetesse questo gesto!
Così il bambino in macchina si ritrovò pieno di sangue, con la mamma disperata che cercava di fermare la furia di un padre anch’esso terrorizzato, che non aveva trovato di meglio che comportarsi così per difendere suo figlio, lui che era così contento di essere tornato da solo alla macchina e si aspettava ben altro atteggiamento dal padre! Eh sì, purtroppo ognuno può fare solo quello che il suo psichismo gli permette di fare in quel preciso momento, e non di più.
Un altro esempio è quando una madre, che non ha preparato suo figlio perché ha paura che sia una sofferenza per lui, o perché è ancora molto piccolo, va improvvisamente in ospedale per la nascita del fratellino, e ci rimane alcuni giorni, una madre che di colpo sparisce quando il bambino non è stato sufficientemente preparato a questa immensa perdita, che per lui può essere vissuta come un definitivo abbandono! E ci possono essere tutti i caregiver che si vogliono, ma quando un bambino è abituato all’odore di sua madre, al calore di sua madre, a come lo tiene in braccio sua madre, e a tutto quello che comporta sua madre, perderla di colpo e trovarsi nelle braccia di un’altra persona, e lo si può comprendere, può essere non facile, anzi può essere assolutamente insopportabile, come abbondantemente vi ho descritto finora.
Ma cos’è quindi la psicosi? È quando un bambino perde di colpo la madre o chi l’ha sempre protetto dalla morte e magari non ha raggiunto la costanza dell’oggetto interno alla Mahler, o alla Bowlby la certezza di una base sicura rassicurante, e allora è sicuramente in pericolo di vita, e questa sensazione a qualsiasi età bene o male la sente attraverso il corpo, e la può sentire fino nell’ultimo capillare! Quando il bambino è convinto di morire, che non ci sia più nulla da fare, ecco che nasce la psicosi, e cioè nasce la sua parte bambina abbandonica che rimane ferma a quell’emozione di paura, e come unica reazione lui non trova altro che fondersi con tutto quello che trova, con un'altra persona, se c’è, o con un'altra cosa, se c’è, insomma con qualsiasi cosa o persona che trova, ma non solo, qualsiasi cosa rappresenta simbolicamente una mamma! Basta qualcosa che si può relazionarsi con lui, come può essere un suono, una canzone sentita mille volte ripetutamente, un odore, insomma qualsiasi cosa è un buon sostituto della madre, basta che sia una cosa che c’è che non ti abbandonerà mai!
Quindi, se non ci sono persone il bambino si attacca agli oggetti o a qualsiasi cosa può trovare nel mondo, qualsiasi oggetto che sia, e lui diventa l’oggetto e l’oggetto lui, ed ecco che l’esame di realtà di colpo è sfasato, e la realtà diventa psicotica, cioè può essere percepita in maniera diversa da come è percepita dalla maggior parte delle persone! E ci possono essere deliri o allucinazioni, ed è il momento dove può nascere la schizofrenia, e cioè la devastazione totale dello psichismo.
Ma la pazzia in cosa consiste? Il bambino incomincia a vedere la realtà diversa da quella che è, sostanzialmente se trova una persona, e la trova, deve fondersi con essa, perché fondersi con lei è l’unica possibilità per non perderla! Se si prende un bicchiere di latte e un bicchiere di caffè e il contenuto di entrambi si mette in un terzo contenitore, ecco che il colore marroncino non è più possibile farlo tornare a due bicchieri separati bianco e nero! La psicosi è il bambino che si fonde con una persona e si co-fonde con lei, non è più lui, è lui e lei messi insieme senza più la possibilità di separarsi! Siamo molto prima della fase simbiotica Mahleriana, siamo molto prima di una fase dove si può provare angoscia, siamo molto prima di una fase di reversibilità, qui non si prova angoscia, ma annientamento, perché subentra una paura enorme di sparire, perché nella fusione protettiva con l’altro si perde sé stessi, sì, si sparisce perché l’altro e sé stesso è la stessa cosa, e allora la con-fusione è totale, non ci si riesce più a riconoscere!
Sì sparisce in un vuoto cosmico! Si entra in un posto indefinito dove non esistono più confini, dove per il paziente tutto è fuso e con-fuso, dove le persone perdono la loro individualità e si fondono tutte insieme, e vi assicuro che è un’emozione terribile, che i pazienti gravemente scompensati mi raccontano, emozioni che io molto spesso ho visto negli occhi dei miei pazienti che hanno questi problemi!
Sì, la psicosi è il tentativo di aggrapparsi fondendosi a qualcuno, persona o cosa, che ti può fare stare attaccato alla vita, senza la quale tu saresti morto, perché alla base di tutto c’è, come abbiamo visto, la paura di morire! O meglio la certezza che muori a brevissimo, che la vita è persa, che morire è inevitabile!
Il bambino psicotico ha alla base un profondissimo stato depressivo, si sente totalmente solo ed indifeso, assolutamente senza speranza, perde di colpo la voglia di vivere perché si sente sopraffatto dal mondo e dalla vita, e si sente di colpo fragilissimo, vive costantemente su un terreno minato che può scoppiare da un momento all’altro, ed è o almeno si sente costantemente in pericolo di vita! E allora si difende aggrappandosi a tutti cose, oggetti o persone. Il bambino psicotico non è più lui, è in preda alle assenze, alle dissociazioni, alle depersonalizzazioni, non è in contatto con sé stesso, i suoi confini traballano, non è definito, perché è costantemente in preda alla paura, al terrore di una morte certa! Sono quei bambini o quelle bambine anche piccoli che pur di sentirsi si masturbano compulsivamente, o si annusano continuamente i genitali, per sentire qualcosa che c’è, che è presente, che non si può staccare da loro, un odore, una presenza, tutto è mamma che ti consola!
Ma parliamo dell’attacco di panico. Dicevo che tutte le persone hanno passato, hanno attraversato almeno una volta nella vita la paura di morire, e quindi sono potenzialmente psicotiche, cioè possono avere difese psicotiche! Tutte le persone quindi al mondo possono scompensarsi se sono messe in condizioni critiche dove è reale la possibilità di morire! Come le persone che si ritrovano di colpo deportate in un campo di concentramento, o come le persone che subiscono da anni bombardamenti in guerra. Sì, ognuno può avere la struttura più forte che volete, un io strutturato al massimo, essere assolutamente solidi, ma dicevo in certe situazioni ambientali ognuno può scompensarsi. Perché fondamentalmente tutti possediamo nel profondo del nostro inconscio un nucleo psicotico, ne sono convinto, proprio perché abbiamo attraversato almeno una volta nella vita la paura di morire, e che non c’era nulla da fare per salvarsi, e quindi si era in preda alla disperazione e all’impotenza più totali.
Ci sono persone che hanno sviluppato strutture psicotiche, perché semplicemente la loro paura di morire l’hanno vissuta parecchie volte e si è internalizzata dentro di loro questa tremenda paura come schema base possibile e molto probabile dal cui difendersi tutta la vita, o persone che hanno provato una volta o poche volte la paura di morire e hanno sviluppato nel loro inconscio solo un nucleo psicotico, che magari non raggiungono mai in tutta la loro vita perché non attraversano trigger sufficientemente in grado di evocarlo!
Dicevo che nell’attacco di panico il corpo si convince di morire, e la mente ci casca e ci crede anche lei che non c’è più niente da fare, che la morte è inevitabile, ed allora tutto il corpo involontariamente si contrae per difesa, al punto da creare l’attacco di panico! Ma alla base c’è sempre la paura di morire. La contrazione di tutto il corpo è quando tutto il corpo è talmente in allarme perché è sicuro che ci sia qualcuno che lo sta uccidendo, che si paralizza nell’estremo ed ultimo tentativo di non morire! E vi garantisco che è una sensazione terribile, a volte accompagnata da sensazioni di uscire dal proprio corpo, di non sentire più il proprio corpo!
La psicosi cos’è? È quando il bambino perde di colpo la mamma che lo proteggeva e lo preservava con la sua protezione, con il suo schermo protettivo da una morte sicura, e allora cerca mamme ovunque, come dicevo nelle cose e nelle persone. Ma in questo modo perde l’esame di realtà della vita! E la realtà che vedono tutti non è più reale, no, non può essere più la stessa, a seconda poi della quantità di psicosi che uno ha.
Cos’è allora lo scompenso, che può essere un micro-scompenso ben gestibile dalla parte adulta del paziente, o uno scompenso più grave fino a portare il paziente all’obbligo degli psicofarmaci, in questo caso neurolettici e antidepressivi? È quando una persona si ritrova di colpo senza la mamma sostitutiva, e quindi la sua parte bambina abbandonica si sente tremendamente sola ed abbandonata, e cioè senza protezione! Basta un trigger importante evocativo del trauma, che il paziente perde tutte le sue basi sicure che magari si era procurato nel tempo, e perde la sua protezione. E allora regredisce a quelle emozioni che provava da zero a due anni quando era totalmente indifeso, implume, e si sente crollare, specialmente nel corpo, gli “cede” il corpo, e spesso succede che si riempie di ansia, o di angoscia, sorge il riflesso psicogalvanico, e cioè il palmo delle sue mani inizia a grondare di sudore, e il paziente è pieno di ansia, e cioè dalla paura di venire uccisi. Sì, perché l’ansia è la difesa corporea dalla paura di venire uccisi! Tutto il corpo si contrae fino all’ultimo capillare per difendersi dall’attacco presunto dei predatori, quando non c’è nessuno che più ti può difendere!
Sì, prima di tutto è coinvolto il corpo, poi è coinvolta la mente! Perché la paura è talmente forte che passa prima dal corpo, e poi dalla mente! Poi si mentalizza. Ma qui la variabile importante è quanto la parte Adulta del paziente è cresciuta insieme alla parte bambina abbandonica, quella che ha paura di morire, o alla parte bambina dell’autostima, che ha paura di sentirsi una nullità. Sì, qui è fondamentale la forza acquisita della parte adulta che quando la parte bambina non si sente più protetta la consola e le fa da mamma. Sì, lo scompenso è perdere tutte le mamme di colpo, mamma oggetto, mamma persona, e rimanere da soli. E non avere una parte adulta sufficientemente preparata a questo evento, che si fa cogliere anche lei dalla paura di morire e non riesce invece a fare da mamma alla sua parte bambina! Ma il paziente si può consolare avendo sempre più a disposizione la sua parte Adulta che diventa la sua mamma principale sostitutiva.
Ricordo un paziente che dopo tanti anni di analisi ed un percorso profondo di crescita dentro di lui ben riuscito, che era andato a portare sua moglie all’aeroporto, che tornato a casa, in una casa vuota, si era trovato improvvisamente solo e aveva sentito una improvvisa sensazione di fragilità corporea e psicofisica, e di colpo una sensazione totale depressiva di non avere la voglia di fare nulla, se non bloccarsi paralizzato. Fortunatamente era riuscito negli anni di psicoanalisi con me a far crescere sufficientemente la sua parte bambina abbandonica, e la sua parte adulta è riuscita quasi subito a prendere in mano da sola la sua parte bambina abbandonica che si era terrorizzata di nuovo come quando era piccolina, che era a quel punto assolutamente egodistonica, cioè distante da lui, non più appartenente al suo psichismo, perché appartenente al suo nucleo psicotico che era stato triggerato dalla partenza della moglie per un viaggio di 40 giorni oltreoceano.
Quindi la forza sta nel riuscire a parlare e rassicurare la propria parte bambina con la parte adulta cresciuta, e qui nella psicoterapia psicoanalitica ad orientamento relazionale, si insegna il paziente a fare parlare la sua parte adulta alla sua parte bambina che così le fa da mamma.
Ma le mamme sostitutive possono essere di varie origini. Tutto può essere mamma. Dall’odore che un bambino sente, che è qualcosa che gli entra dentro e quindi lo consola e lo coccola, dalla musica che si sente perennemente in cuffietta ad alto volume, senza un momento di interruzione, dal cibo che ti consola che può essere mamma che ti riempie, insomma tutto può essere visto come mamma che ti protegge, che ti sostiene, col quale relazionarti per avere un sostegno, quando da soli è difficile sopravvivere, sì, quando da soli diventa tanto difficile sopravvivere!
Avere un micro-attacco di scompenso o di panico, vuole dire che di colpo si perdono tutti i riferimenti affettivi consolatori, la “mamme” reali o artificiali spariscono di colpo e non si fa in tempo ad aggrapparsi a qualcos’altro che ti tiene insieme, che in quel momento nella regressione improvvisa ti aiuta a sopravvivere! Può essere un trigger improvviso, uno stimolo che ti evoca un ricordo assolutamente remoto, assolutamente arcaico, assolutamente primitivo. Può essere un evento improvviso che ti spiazza, che generalmente parte dal corpo. Ci si sente in caduta libera, in caduta verticale.
Ed è una sensazione che spiazza così tanta perché è imprevista ed imprevedibile, al punto che il paziente viene preso di sorpresa. A questo punto è molto importante, direi fondamentale che la sensazione possa essere subito osservata, monitorata e gestita ed il più possibile elaborata in maniera istantanea dalla parte adulta del paziente, che più è distante dalla sua parte bambina, più la può vedere per lui egodistonica, e cioè lontana da sé. A questo punto, se c’è o se si riesce a creare subito una distanza tra la parte adulta e la parte bambina, ci può essere osservazione ed accudimento da parte della parte adulta nei confronti della parte bambina, e questo è un punto fondamentale, perché il paziente a quel punto, funge da Io Ausiliario per la parte bambina di sé stesso, o funge nel nostro linguaggio più semplice da mamma che finalmente la parte bambina ha ritrovato, che potenzialmente torna a proteggerlo e a compensarlo, come se la parte bambina fosse un puntino racchiuso dentro ad un cerchio chiuso che lo protegge.
Ma a volte questo processo difensivo assolutamente determinante fallisce per vari motivi, e quindi la parte adulta viene assolutamente sopraffatta dalla “parte bambina” che “le ruba totalmente il cervello”, come dico io in gergo ai miei pazienti, cioè si impadronisce totalmente del corpo e della mente del paziente, e gli fa sentire improvvisamente un vuoto cosmico, un terribile dolore che può essere difficile da gestire.
Quindi tutto il lavoro importante della psicoterapia ad orientamento psicoanalitico relazionale, e centrata sulla crescita non solo della parte bambina, in questo caso abbandonica, ma della corrispettiva parte adulta, che va rafforzata anch’essa, come va vista e presa per mano la parte bambina, entrambe durante il loro percorso di crescita. In modo tale che il corpo che inizialmente trema ed è molto fragile, possa cominciare a rafforzarsi, e il suo rafforzamento è direttamente proporzionale alla capacità strutturale della parte adulta e alla crescita della parte bambina. Si può quindi definire tutta l’analisi o la psicoterapia come un lungo percorso dove la parte bambina, come dico io ai miei pazienti, passa dall’avere la sua casa fondata sulla sabbia e nei casi più gravi sulle sabbie mobili, all’essere fondata sul cemento armato.
L’inconscio ha tempi lunghi, si sa, ma quando si tratta di parti bambine abbandoniche e quindi potenzialmente psicotiche, il percorso non è facile e non è detto che la crescita riesca sufficientemente, perché molte volte il paziente entra in contatto con queste sue fortissime emozioni di terrore e di angoscia e di ansia, e di paura, e si spaventa, e fugge. O in seduta inizia a sbadigliare dopo ogni interpretazione. Quando il paziente non ce la fa, per fortuna oggi ci sono sempre gli psichiatri che possono aiutare perché possono aiutare il paziente con una somministrazione farmacologica, una buona dose di antidepressivo e quando la situazione è più grave anche di neurolettico e di benzodiazepine, quando il corpo trema, viene la tachicardia, vengono i giramenti di testa, e ci si sente crollare, quando un paziente si ritrova parzialmente scompensato che non può più uscire dalla sua confort zone, e magari è un venditore che gira ogni giorno per tutta la sua provincia, ma appena esce dalla sua confort zone, che può essere solo di alcuni chilometri distante da casa sua, incomincia a sentirsi fragile e si sente cedere, crollare, e vi garantisco è una sensazione che è difficile da spiegare, per capirla bisogna provarla, quando il paziente è capace anche di momenti di depersonalizzazione o si incanta con lo sguardo, che sono le assenze.
Sentire uno scompenso o rimanere per lunghi periodi più o meno scompensati, è un’esperienza molto invalidante che di solito coinvolge totalmente il paziente in tutti i campi della sua vita. Ed inizialmente il paziente è convinto di avere una malattia organica perché vede che cede il proprio corpo, vede e si accorge che non ce la fa, che si sente irrimediabilmente crollare, si perdono di colpo tutte le forze, si perde il contatto con il proprio Io, insomma si fa fatica a riconoscersi, specialmente quando l’epilogo è un attacco di panico più o meno grave. Poi quando tutti gli esami medici escludono una patologia organica, il paziente si convince che è tutto un processo psicologico e sintomatologicamente corporeo, ma possono arrivare anche assenze, e cioè il paziente parla ed improvvisamente non sa più quello che stava dicendo, o assenze più gravi quando dimentica cosa sta facendo, per esempio, o magari sprofonda in uno stato depressivo profondo in pochissimo tempo, o subisce repentini cambi di umore.
A volte i sintomi sono maniacali, quando il paziente pur di non sentire e subire la depressione vira verso la maniacalità, che sappiamo essere la difesa principale alla depressione. A volte può succedere che si fermano anche le funzioni cognitive superiori, e il paziente entra totalmente in inibizione intellettiva, cioè è talmente pieno di ansia invalidante e di angoscia che non è più capace di svolgere anche i compiti più elementari. Di solito non a lungo, ma in alcuni casi l’angoscia e l’ansia può durare a lungo ed essere veramente invalidante.
A volte è già un successo quando il paziente ritorna ad essere compensato in maniera sufficiente, e può riprendere la sua vita. Magari è nel frattempo riuscito a scalare i suoi farmaci, con l’aiuto sempre dello psichiatra che si è fidato di lui, oppure si è abituato talmente al farmaco che non diventa un problema più per lui, anche se è sempre meglio prendere una dose il più possibile bassa di psicofarmaci. Ma a volte come dicevo non è possibile, e bisogna accontentarsi di essersi ricompensati.
Guarire invece e superare totalmente la psicosi è a volte possibile, nel senso che la paura attraverso gli anni di psicoterapia o di psicoanalisi è sempre minore, ma forse guarire totalmente dalla paura è veramente molto difficile, quasi impossibile, quando la paura di morire ha caratterizzato tutta la vita del paziente! Ma c’è una bella differenza ad incontrare improvvisamente un mostro che si è convinti che a momenti ti ammazzerà, e questa cosa ti riempie di una paura assurda paralizzante, ad avere in pugno tutta la situazione, e sapere che la parte bambina, anche lei sa che la paura di morire non esiste, non è possibile, perché il drago che ti uccide è diventato un draghetto di plastica, un giocattolino! Spero di essermi spiegato a sufficienza!
L’importante è avere una parte adulta sufficientemente forte che ogni volta che un trigger rievoca la paura la riesce a “prendere per mano”, riesce a prendere per mano il bambino ormai non più nascosto ma cresciuto che ancora una volta l’ha provata, anche solo per pochissimo! Come quel paziente che aveva accompagnato sua moglie all’aeroporto, che ha subito rassicurato la sua parte bambina ormai sufficientemente cresciuta con la sua parte Adulta che ormai è sul cemento armato, che ormai è molto forte!
Sentire uno scompenso anche se leggero coinvolge come abbiamo detto, prima di tutto il corpo, che è il primo a mostrare i sintomi. Perché la psicosi primaria inizialmente, come ho detto, è un cedimento prima di tutto corporeo. Infatti, è il corpo che da zero a due anni, quando il bambino è estremamente fragile e bisognoso di cure perché assolutamente incapace a cavarsela da solo, è estremamente protagonista. È nel corpo di un bambino piccolo da zero a due anni che emergono i primi sintomi corporei, e la caratteristica principale di questo corpo è la paura di morire.
Anche un piccolo scompenso ha a che fare prima di tutto con la morte, la variabile è sempre quella, è la paura di morire, e a seconda della gravità della psicosi, il corpo è più o meno spaventato e terrorizzato e coinvolto. Sì, anche il più piccolo scompenso ha a che fare con la morte, che subentra quando non c’è una mamma che ti protegge, una mamma che c’è stata ma ora non c’è più, e il bambino non può neanche dire dove sei, dove sei mamma perché piccolo come è da zero a due anni non ha facoltà di parola!
Quando si è colpiti improvvisamente dallo scompenso, e può essere a qualsiasi età, subentra un’enorme fatica di vivere, ed è sempre correlato o ad un possibile sentimento depressivo, che significa che senza la mamma – protettiva la parte bambina si sente totalmente sola e disperata e in ultima analisi subisce la paura di morire, e ne è convinta! La depressione è cadere in una fossa dove non si trova più la forza e la speranza di vivere, e tutto il mondo esterno si trasforma in un mondo cattivo e persecutorio dove sicuramente prima o poi si è convinti, si è certi che qualcuno ti verrà ad uccidere!
Da soli inevitabilmente prima o poi si è convinti di essere in preda alla morte, che per il depresso con una depressione grave spesso viene vissuta come l’unica situazione liberatrice che può allontanare il paziente dal suo dolore più estremo, dal suo forte dolore che lo attanaglia. Morire come unica soluzione liberatoria per liberarsi dal dolore. Essere fortemente depressi vuol dire perdere totalmente la gioia di vivere, vuole dire entrare in un terribile buco nero dove sembra impossibile intravvedere qualsiasi tipo di luce salvifica. È come se si vivesse già da morti, è come essere degli zombi, dei morti viventi, è come ritrovarsi spenti senza luce in un oceano di disperazione assoluta senza speranza, dove tutto è visto come tremendamente buio, e tutto diventa pesante, assolutamente insopportabile perché crea un forte dolore, che può arrivare ad essere un fortissimo dolore. Questo è lo stato dove si ritrova anche il bambino piccolo improvvisamente che è senza la mamma che lo dovrebbe proteggere, un bambino che quindi suo malgrado è costretto a sperimentare la paura di morire!
Quindi praticamente la paura principale è la paura che da soli non ci sia più nessuno che ti protegga e quindi la paura di morire! Sì la paura della morte! La paura che nella psicosi e nella depressione e nell’attacco di panico torna improvvisa, proporzionalmente all’ampiezza e alla profondità del nucleo psicotico, che abbiamo visto è nascosto, latente in ognuno di noi! Il nucleo psicotico non è altro che la parte bambina abbandonica che subisce di fatto realmente da zero a due anni, come abbiamo visto, un possibile abbandono, un possibile pericolo reale di morire veramente!
Secondo me il bambino piccolo, anche il neonato, ha la facoltà di percepire quando è veramente in pericolo di vita, e questo a pensarci bene è terribile e lo può portare ad uno stato assoluto di fragilità! Il nucleo psicotico è questo bambino nascosto che è intrappolato in una stanza chiusa al buio, situata dentro ad ognuno di noi, un bambino molto piccolo che può piangere e contrarsi e inarcarsi fino a sentire il limite della sopravvivenza, e può sanguinare continuamente perché sbatte la testa contro il muro della sua stanza buia dove può urlare e piangere disperato da decenni ma nessuno lo può ascoltare! Nessuno lo può agganciare! Ma al suo posto emergono e si manifestano imperterriti i sintomi psicosomatici, corporei e mentali.
Nel peggiore dei casi questo bambino abbandonico è lì fermo nel suo buco nella profondità più recondita dell’inconscio del paziente a ricordarsi dei momenti di terrore, a ricordarsi dei possibili traumi che ha subito che si sono cristallizzati dentro di lui, che sono ancora per lui vivissimi, a ricordarsi dei suoi momenti di terrore, pericoli che ha subito che lo hanno portato inevitabilmente ad aggrapparsi a qualsiasi persona – cosa – oggetto – mamma disponibile! Che finalmente lo possa proteggere! E così come una persona terrorizzata che sta affogando che si aggrappa disperata all’ultimo salvagente disponibile in un mare in tempesta infestato da squali feroci!
Sì, questa è la psicosi! Se il corpo ha paura di morire, ed è un bel problema perché fa scatenare gli attacchi di panico. Ecco che bisogna che ci sia una controparte adulta che sia convinta che sia innanzitutto convinta di non essere assolutamente in pericolo di vita! Perché come ho sempre detto, il nucleo centrale di tutto è la paura del corpo di morire! Sì, quando la morte si avvicina, e si avvicina pericolosamente il momento possibile della fine della vita, sono convinto che l’istinto animale di sopravvivenza che c’è anche nel neonato, ha la capacità di provare terrore e paura, che quando sono troppo forti, rimangono dentro internalizzati!
E allora bisogna lavorare molto sulla parte bambina abbandonica che ha paura di morire, e il solo fatto che pazienti con questa sintomatologia e con questa diagnosi vanno in psicoanalisi o in psicoterapia li porta comunque a trovare almeno in quell’ora un terapeuta mamma che lo aiuta a staccarsi dal panico, che inevitabilmente lo riesce un po' a ricompensare, sempre se il suo buco affettivo abbandonico di solitudine, sempre se il suo nucleo psicotico profondo non è drammaticamente profondo in maniera insopportabile!
Bisogna lavorare molto anche sul corpo che ha paura di morire, e deve vincere la persuasione da parte della parte adulta che il pericolo di morire non c’è, magari c’è stato ma adesso non c’è più! E c’è un conflitto tremendo tra la parte adulta che sa che non si muore, che deve convincere la parte piccola bambina che il pericolo non sussiste! Bene, tutta la psicoterapia, che può durare anni, può essere centrata sul lavoro che deve fare la parte adulta per convincere il corpo e la parte bambina che non c’è il pericolo di morire! Il problema è quando anche la parte adulta è convinta che ci sia questo pericolo, e questo è nel caso delle psicosi più conclamate, e qui è fondamentale la presenza di uno psicoterapeuta che conosce bene queste dinamiche, che sa bene capire cosa sono queste emozioni, che magari può avere avuto anche lui queste paure, ma è fondamentale che il suo nucleo psicotico si sia atrofizzato il più possibile, che sia il più possibile contenuto, insomma che sia quasi scomparsa la sua paura profonda di morire della sua parte bambina, ma deve totalmente essere scomparsa la paura di morire della sua parte adulta, se eventualmente ce l’aveva!
Il pericolo di morire può nascere anche solo dopo un solo momento tremendo di solitudine, che porta il bambino senza difese a sentire di colpo la morte vicina, sempre più vicina, sempre più probabile! O i momenti possono essere più prolungati e di maggiore frequenza, o ci possono essere momenti tremendi di totale assenza di sintonizzazione madre bambino o bambino caregiver, che è sempre la mamma, comunque, la sua mamma sostitutiva, che non è mai comunque, io credo, come essere con la mamma reale che ti ha preso in braccio per la prima volta appena nato, della quale il bambino conosce l’odore, come lo tiene in braccio, conosce il calore!
Quindi o dopo momenti ripetuti sporadici o dopo momenti ripetuti costanti e periodici, che possono inevitabilmente portare il bambino ad interiorizzare la paura della morte certa, sì la paura della morte inevitabile! La paura di sparire dal mondo per sempre, di cadere profondamente in un vuoto dove non si più risorgere alla vita! Un cratere, una voragine di buio assoluto dove è impossibile risalire alla luce. Sì, questa è la psicosi! Quando si è convinti che la morte sia certa! Che basta un attimo ancora e poi è finita la speranza! E c’è solo la fine tremenda inesorabile! Inevitabile! E in quel momento si è già morti! Quando si arriva ad interiorizzare la paura di morire, e cioè la parte bambina è convinta che non ci sia altra soluzione alla vita se non la morte, purtroppo tutte le relazioni affettive si imbevono di questa potenziale paura! Ecco che in questo caso si può parlare di struttura psicotica!
Dalla struttura psicotica però sono convinto che si può venirne fuori, è molto difficile, pochi ci riescono a superare queste tremende paure, questi terribili draghi interni che sputano fuoco. Sì dalla psicosi diciamo si può sufficientemente guarire, dalla psicosi si può venirne fuori, se hai uno psicoterapeuta o uno psicoanalista che ci crede che tu ce la possa fare! La ferita psicotica si può rimarginare e può rimanere solo la cicatrice, e la paura della morte può diminuire sempre di più fino a scomparire!
Ne sono convinto, ma bisogna avere pazienza e perseverare, anche se abbiamo visto è molto difficile. Sicuramente la psicoterapia psicoanalitica ad orientamento psicoanalitico relazionale non può essere inferiore a due volte la settimana nella cura degli stati psicotici o dei pazienti più gravi. Di solito per una struttura psicotica molto strutturata ci vogliono tanti anni di psicoanalisi, ma non è detto, insisto nel dire che ogni paziente è a sé stante, è quindi impossibile generalizzare! O oggettivizzare! Quindi se veramente la ferita è profonda, bisogna fare tutto il percorso di convincere la parte bambina che è superabile la paura di morire che effettivamente c’è stata! Sì, il pericolo era reale! Il bambino se fosse continuata quella situazione di assenza di sintonizzazione protettiva avrebbe potuto morire! Su questo non ci sono dubbi! E il terapeuta però deve essere molto forte, se ha traballato anche per anni deve essere sufficientemente guarito almeno dalla paura del corpo di morire!
Sì, prima di tutto bisogna agganciare la parte bambina nascosta, poi bisogna convincere il corpo che non è più reale il pericolo di morire! Sembra facile, ma non lo è per niente! Se lo psicoterapeuta è stato psicotico o con una struttura psicotica, non si può permettere di essere ancora così, ma deve avere sufficientemente superato queste paure, sennò il paziente non può altro che inevitabilmente essere un trigger che gli rievoca le sue paure più profonde irrisolte!
E qui parliamo della psicosi della parte bambina abbandonica, e cioè di quella che ha paura della solitudine, e non affrontiamo il problema della psicosi diciamo narcisistica, e cioè quella che nasce dalla paura della parte bambina insicura legata all’autostima, che magari affronteremo in un altro articolo.
Quindi un neonato che perde ogni sintonizzazione con la madre e subisce di fatto la paura della morte è perché il pericolo della morte è stato reale!
Se infatti un bambino viene lasciato solo per lungo tempo in quelle condizioni ambientali di deprivazione affettiva, non solo non può essere nutrito, ma alla Spitz se perde il contatto emotivo e sintonizzante della madre può morire veramente, e lui lo sa! Sa cos’è, secondo me, il concetto della morte!
Quindi la persona che conserva solo un nucleo psicotico più o meno grande che sia, è più in grado di fronteggiare è più in grado di farsi aiutare e al limite dopo un bel periodo analitico, di fronteggiare da solo la sua ansia angoscia paura di morire, perché nella vita non è mai morto, ed è sempre bene o male riuscito nelle situazioni abbandoniche a cavarsela da solo, o ha cercato o ha trovato mamme sostitutive!
La presenza dello psicoterapeuta diventa così una presenza importante, ma prima bisogna che lo psicoterapeuta riesca ad agganciare questa parte bambina disperata che non si fida di nessuno, perché tutti per lei sono dei potenziali pericoli, addirittura posso essere persone che possono fargli del male, nella sua situazione di persona indifesa e sola.
Inizialmente bisogna subito spiegare al paziente il significato dei suoi sintomi, perché io sono convinto che tutte le psicoterapie dovrebbero essere delle psicoterapie didattiche. Poi bisogna prenderlo per mano per aiutarlo a superare le sue paure. Il paziente non deve sentire che il terapeuta ha paura della psicosi, perché uno psicoterapeuta che ha paura della psicosi non può curare gli psicotici o coloro che hanno profondi nuclei psicotici, perché il paziente non può arrivare dove non è ancora arrivato l’analista!
La paura psicotica è come un palloncino gigante che lentamente si sgonfia, che inizialmente può essere enorme, ma poi può ridursi quando è completamente svuotato ad un pezzettino di gomma che sta nelle proprie mani! Può essere una mongolfiera che può ridursi ad entrare nel cestino ed essere caricata in macchina!
E la gravità della psicosi è quantificabile ed è direttamente proporzionale alla quantità di paura di morire che il paziente subisce.
Più l’esame di realtà fa diminuire la paura di morire, più lentamente si può rimarginare e a volte si rimargina la ferita psicotica.
Certamente se un paziente non riesce ad essere motivato, perché è più forte la sua paura che lo allontana dalla psicoterapia, se quindi non possiede dentro una forza enorme salvifica, non può affrontare questo percorso all’interno di sé stesso, nella profondità delle sue paure, dove lo aspetta il suo bambino nascosto abbandonico.
Bene, finisce qui questo lungo viaggio nella profondità delle paure del bambino nascosto abbandonico intrappolato nel nostro inconscio! E nell’inconscio di tutti!
Ma questo articolo è una speranza per tutte quello persone che hanno la mente ed il corpo terrorizzato dalla paura, che un giorno potranno passare dal buio a vedere la luce, una luce salvifica di vita.
Ma cosa vuole dire diventare veramente adulti? Vuole dire avere superato sufficientemente tutte le paure delle parti bambine ed essersene liberati, vuole dire avere il comando del proprio psichismo da parte della tua parte Adulta che comanda e gestisce a pieno le parti bambine che ormai sono diventate anch’esse sufficientemente adulte perché nel lavoro analitico sono sufficientemente cresciute! Al punto tale che il paziente finalmente è in grado di poter essere libero di gestire la sua coscienza, senza che nessuno si permetta di “rubargli ancora il cervello anche totalmente”, anzi le parti bambine ormai cresciute ora sono alleate alla parte adulta, e hanno una poltrona nella cabina di comando dove la parte adulta gli permette addirittura di prendere in mano a volte la situazione.
Sì, crescere veramente è un’esperienza fantastica, irripetibile, quando la parte bambina ormai cresciuta si allinea al corpo adulto e finalmente agisce non più prevalentemente a livello inconscio ma in sintonia con la coscienza adulta del paziente stesso!
Coraggio, il viaggio è lungo ma bisogna farcela! Vi accorgerete solo alla fine quanto sia importante arrivare fino alla fine di questa crescita, e la fine è il traguardo dell’adultità, quando si è padroni di vivere nel mondo adulto, quando non si ha più paura delle paure evocate dai fantasmi del mondo adulto, fantasmi che naturalmente non esistono!