Queste relazioni alimentano quella sensazione di precarietà che solitamente porta chi le vive a stare sempre in allerta, sempre in attesa della prossima mossa, nella costante paura di perdere l’altro.
Frequentemente sono descritte come persone passionali, dolci e capaci di dare molto.
Si tratta di relazioni in cui si ha la sensazione di essere molto vicini e poi un istante dopo molto lontani senza potersi spiegare niente di tutto ciò. Una paziente descriveva questa sensazione come un’apnea in cui l’altro le teneva la testa sott’acqua e sembrava aspettare il momento esatto in cui lei si arrendeva e sceglieva di affogare per farla riemergere e lasciarla respirare profondamente per pochi istanti, prima di farla risprofondare.
Stare vicini a queste persone è come essere gettati dal paradiso all’inferno e dall’inferno al paradiso.
Ma proviamo a cercare di dare un senso a tutto questo seguendo un’ottica costruttivista, ricordando ai lettori che si tratta di un esempio di come sia possibile assemblare le varie componenti che non rende assolutamente giustizia alla complessità di una persona e non esaurisce affatto l’argomento. E’, in altre parole, solo uno spunto per riflettere insieme.
Immaginiamo, solo per un istante, un bambino che si muove all’interno della propria famiglia cercando di trovare un proprio equilibrio. La madre, irascibile e nervosa lo sgrida spesso, ma non sempre le ragioni sono comprensibili a quel bambino; il padre, spesso assente, è severo e piuttosto punitivo.
L’imprevedibilità e l’incomprensibilità sembrano caratteristiche di quell’ambiente familiare in cui quel bambino deve adattarsi a stare. Non sembra possibile esserci insieme alle proprie emozioni. Di fronte a queste la madre reagisce incomprensibilmente per esempio ignorandole o irritandosi e il padre lo punisce o impartisce lezioni.
Non si tratta di situazioni limite o di famiglie problematiche. Immaginiamo per esempio che questo bambino torni a casa impaurito perché un ragazzo più grande l’ha minacciato. La madre reagisce sgridandolo perché non deve stare coi bambini più grandi (il motivo resta incomprensibile) e una volta detto al padre questo lo punisce. Viene poi mandato a letto.
Nessuno dei due cerca di comprendere quella parte di lui che resta così sconosciuta anche a se stesso. Tutto ciò che presuppone un’emozione potrà diventare nel tempo incomprensibile al sé, distanziata e potenziale fonte di pericolo.
Provare qualcosa (sia gioia che dolore) significa mostrare la parte fragile di sé e il mondo che si è conosciuto sembra troppo pericoloso per rischiare tanto. Quelle emozioni fanno paura. E comunque non si possono esprimere liberamente. La risposta alle emozioni diventa il controllo esercitato sia su di sé per tenerle nascoste, sia sull’ambiente circostante per cercare di non incombere in circostante pericolosamente emozionanti.
Le relazioni sentimentali, che sono per loro natura fortemente attivanti, innescano immediatamente l’allerta e il controllo del pericolo. La paura è in effetti, la sensazione che, se starete ben attenti, sentirete di più circolare. Non è la vostra, ma lo loro, ed è qualcosa di così devastante che la fuga diventa l’unica soluzione, tenervi a una distanza di sicurezza o talvolta eliminarvi è l’unico modo che conoscono per salvaguardare il proprio equilibrio interiore.
Per non trovarsi scoperti emotivamente il modo migliore che hanno trovato è rendere tutto fumoso, non definire niente, non sentire e non far sentire, non porsi domande, in modo da non fornire all’altro strumenti per ferire, per non farsi conoscere così da poter essere tutto e niente e cavarsela in qualunque circostanza.
L’altro è qualcuno di cui non è possibile fidarsi, è imprevedibile e non comprensivo. La distanza, debitamente mantenuta in ogni relazione, è l’unico modo per sentirsi protetti. La libertà diviene presto fondamentale, e non è infrequente per queste persone la sensazione di sentirsi costrette nei rapporti e di aver bisogno di uscirne per riprendere aria. Anche nella scelta del lavoro la libertà diventa essenziale, liberi professionisti, artisti, rappresentanti, professioni in cui si è liberi di gestire le proprie giornate.
Si potranno trovare persone ben integrate nella società o, come si dice in gergo tecnico, ben compensate, ma profondamente sole. Gli affetti sono per lo più inesistenti, non c’è un reale confidente o qualcuno con cui si può essere se stessi fino in fondo e le relazioni sociali anche se presenti, non prevedono alcun investimento emotivo.
Spesso non è una volontà tacere i motivi del proprio comportamento, ma una vera e propria impossibilità a comprenderli. E il prezzo che si paga è un’amara solitudine interiore.
Se siete riusciti quindi a smuovere in loro qualcosa di diverso, rallegratevi e non pensiate affatto che questo sia poco. Per chi non ha familiarità con le emozioni averci improvvisamente a che fare credetemi, è un bel cambiamento!
E mostrare qualcosa di così intimo di sé (come arrabbiarsi, farsi vedere fragile e insicuro) è un tesoro prezioso che pochi hanno tenuto tra le mani. Mantenere alta l’attenzione dell’altro cambiando le carte in tavola serve loro per farlo restare e arrabbiarsi serve altrettanto, per mantenere la necessaria distanza.
Vi chiederete a questo punto chi ve lo fa fare.
E’ vero, si tratta di relazioni molto faticose e le ragioni per restare sono solo dentro di voi. Chiedetevi quindi quali sono i motivi per i quali restate. Ogni persona è presente nella nostra vita mai a caso ed ha per noi una funzione precisa, risponde cioè ad un nostro bisogno. A quale bisogno personale risponde la vostra relazione? Prima di intraprendere una relazione come quella di cui stiamo parlando rispondete a voi stessi e datevi delle ottime ragioni per restare.
Bene, vediamo allora come è possibile star meglio dentro ad un rapporto così tumultuoso.
Innanzitutto non crearsi aspettative eccessive potrebbe essere un buon inizio, essere ottimisti è assolutamente necessario ma pensare a quando varcherete la soglia dell’altare e avrete dei figli potrebbe indurvi a credere che i miracoli esistono, e a scontrarvi con la dura realtà.. non è proprio così.
Se invece che al miracolo crederete nell’altro avrete più possibilità di vedere i piccoli cambiamenti, e potrete gioire di cose che sono ben lontane dal matrimonio ma che credetemi, potranno ugualmente sorprendervi.
Innanzitutto fate lo sforzo di permettere, senza giudicare, quel movimento dentro/fuori necessario e fondamentale per creare un ambiente sufficientemente protetto: “se so che posso andarmene quando voglio, allora posso restare”. Se non vedo la via di fuga, è troppo pericoloso avvicinarmi. Capisco che vedere una persona entrare ed uscire dalla vostra vita possa essere faticoso e anche fastidioso e possa farvi pensare che non ci sia un reale coinvolgimento. Ma continuate a leggere.
Parlate con l’altro ogni volta che potete e che lo vedete tranquillo.
Parlategli anche quando lo sentite in difficoltà, ma non chiedetegli di spiegarvi cosa sia successo, probabilmente non è chiaro neanche per lui e questo lo porterebbe a chiudersi, ditegli piuttosto quello che sentite di lui, “Sento che ti sei in difficoltà ma non riesco a capire di cosa, cosa vorresti che facessi?”.
Spesso anche il fare molte domande soprattutto se personali, porta nell’altro il senso di costrizione. Domande stringenti a cui non si vuol dare risposta per non scoprirsi; o ancora diviene pericoloso il parlare di sé, col significato di affidarsi, fidarsi di qualcuno e quindi muoversi su un terreno potenzialmente pericoloso.
La soluzione non è certo smettere di chiedere, ma state attenti ai cambiamenti dell’altro, irrigidimenti, tensioni, silenzi… vi stanno dicendo qualcosa che non potete ignorare, accorgervene vi farà cambiare rotta e salvare la situazione!
Non è affatto necessario, come molti pensano, rimanere sempre a distanza, spesso la distanza che l’altro mette è dovuta alla sensazione di essersi avvicinato troppo, ma d’altronde avvicinarsi e sentire che non accade niente di pericoloso è l’unico modo per sperimentare qualcosa di diverso per loro. Inoltre alcune volte la distanza non vi riguarda affatto, sono momenti personali in cui si può sentire la necessità di isolarsi da tutto e tutti. Mettete da parte la vostra mente relazionale, non è sempre copa vostra (per fortuna).
Di fronte alla richiesta di distanza lasciate che si allontanino, che si prendano i loro spazi e i loro tempi, se vi va, trovate il modo di fargli capire che anche se in quel momento ha bisogno di allontanarvi, va bene lo stesso, non siete arrabbiati o delusi, è solo che vi manca la sua presenza. Spesso non risponderanno. Pazienza. Per loro come si sa è fondamentale mantenere quello che sentono indefinito e non potrebbero certo darvi una dimostrazione così grande.
La pazienza vi servirà eccome, potrà capitarvi di vivere relazioni in cui ci si vede poco e in cui i momenti di distanza superano di gran lunga quelli di condivisione. Potrebbe capitarvi anche di non poter negoziare niente di tutto questo, o così o niente.
Ricordatevi le ragioni per cui siete qui e concedetevi di fare di nuovo un check: sono sempre valide per voi?
Se la risposta è si, non sentitevi sempre costretti, ogni tanto si può osare soprattutto se ci serve per rigenerare le nostre energie. Un paziente mi disse che era stato ore sotto casa della sua compagna e ci sarebbe rimasto finchè lei non gli avesse comunicato quando potevano vedersi: “Erano giorni che non rispondeva, era sparita, non ne potevo più!”.
Non crediate che siano gelidi o privi di emozioni. L’ostinazione nel difendersi vi dà piuttosto la misura di quanto abbiano sofferto. E poi provare è l'unico modo per conoscerli davvero.
Non lasciate sempre che ogni cosa di loro passi sotto la vostra comprensione. Ci saranno sicuramente cose che potrete sopportare, altre meno. Filtratele dentro di voi e non sopportate le seconde tacitamente per paura di allontanare l’altro. Fategli piuttosto sapere come vi sentite parlando in prima persona e vedrete che nel tempo si servirà di quelle informazioni per imparare a conoscervi e sentirvi più prevedibili e quindi più vivibili. Abbiate coraggio.
Ricordatevi, se deciderete di intraprendere questo viaggio, che il vostro benessere è il presupposto fondamentale, qualcosa da tenere stretto a qualunque costo: spesso mi accade di sentire dai miei pazienti che dopo anni di sopportazione, ormai stremati, hanno scelto loro stessi di chiudere il rapporto, nel dramma di aver gettato via del tempo prezioso.
Non arrivate a sentirvi così, la stanchezza e la fatica vi accompagneranno per un bel po’, imparate a riconoscerle e ad esternarle all’altro, è vero è un rischio anche per voi affidarvi ad una persona così sfuggente, ma vi aiuterà a stare meglio e a sentirvi più liberi. Potergli dire “quando fai così mi fa sentire inutile per te” in fondo, se ci pensate, perché dovrebbe allontanarlo??
Condividere qualcosa è un inizio.
Se sentite che questo non è più il posto per voi, non esitate. Proteggere la propria felicità e il proprio benessere non è solo un diritto, ma anche un dovere.
Se sentite invece di iniziare ad essere stanche/i, fermatevi a riflettere, di solito la stanchezza cela qualcosa di cui non vi siete accorti, una richiesta alla quale non potete più esimervi. A volte si potrebbe voler avere qualche certezza, per esempio se siamo speciali per l’altro, se contiamo qualcosa nella sua vita oppure no.
Stare continuamente nella nebbia spesso fa perdere di vista anche noi. Non deve succedere.
Chiediamoglielo semplicemente e lasciamolo rispondere. Se ci dirà di no è vero, ci metterà con le spalle al muro, ma gli faremo sperimentare qualcosa in cui poche persone sono riuscite: prendersi la responsabilità di chiudere un rapporto a cui forse, teneva.
Ricordatevi che molte persone li hanno abbandonati, emotivamente prima ancora che fisicamente, senza che loro potessero far niente per impedirlo. Poter prendere una decisione così importante è una possibilità nuova e gli resterà dentro molto diversamente.
E poi stare un po’ senza di voi e sperimentare la vostra assenza dopo aver conosciuto cosa significhi avervi avuto può indurre riflessioni diverse.
Per quanto vi riguarda invece, sentire l’altro in continua fuga potrà facilmente indurvi pensare che non gli importi niente di voi e scoraggiarvi di fronte all’ennesimo rifiuto di vicinanza.
Il mio consiglio è: fidatevi ciecamente di quello che sentite.
Se sentite la mancanza di interesse nei vostri confronti, semplicemente andatevene e non precludetevi la possibilità di trovare qualcuno con cui stare veramente e in un modo più appagante;
se invece sentite qualcosa di un po’ differente provate a ragionare diversamente. Queste persone sono complesse, ma desiderano fortemente avere qualcuno vicino ed essere amate. A volte lo desiderano così tanto che è il solo pensiero a spaventarle. E’ spesso la paura a condurle lontano e non il disinteresse.
Sentire che qualcuno resta è qualcosa che l’altro non conosce, e dovete pensarlo come un’esperienza nuova per lui/lei, a cui si deve abituare. Potete star certi che poche persone hanno avuto l’interesse e la volontà di comprendere la logica con cui si muove, o qualunque altra cosa lo riguardi.
E voi, se fino a quel momento gli avete dato tanto, potete meritarvi di rischiare qualcosa per voi, facendogli una domanda a cui proprio non potete rinunciare o una richiesta di vicinanza che desiderate da molto. Non evitate, serve coraggio, e serve che voi sentiate di star bene dentro al rapporto per poter andare avanti.
C’è bisogno di voi!
Non sempre le difese si allentano e le persone si avvicinano. Provate a pensare ad un animale selvatico a cui provate a dare dell’acqua, anche se assetato non si getterà nelle vostre braccia e non vi ringrazierà per averlo trovato. Anzi. Ringhierà e fuggirà molte volte prima di fidarsi di voi.
Ma qualche volta, a patto che abbiate la tenacia di restare e di guardare oltre ciò che vedete, il coraggio di osare e la solidità di credere nell’altro, tutto ciò accade.