Nicole  domande di Ansia e depressione  |  Inserita il

Frosinone

Urgenti problemi a livello sociale a 22 anni, non riesco a prendere la mia vita in mano

Salve a tutti. Ho quasi 22 anni ed è dalla terza media che riscontro costantemente problemi a livello sociale, sia a contatto con i miei coetanei, con i miei soliti tre amici e con le persone in maniera più generica.
All'inizio è stata davvero difficile, ho perso un anno di scuola - il quarto delle superiori - proprio a causa della mia difficoltà nel frequentare l'ambiente scolastico con costanza. Ho abbandonato per gli stesso motivi anche un corso di chitarra che inizialmente sembrava giovarmi ma che poi mi ha caricato ancora più di preoccupazioni - infondate, me ne rendo conto in questo momento lucido in cui sto scrivendo. Ho recuperato due anni in uno e ottenuto la maturità in tempo poi, confrontandomi con me stessa e apparentemente ottenendo un equilibrio mentale che all'epoca ritenevo stabile (ovviamente il tutto accompagnato da psicoterapia, terapia farmacologica e una diagnosi di depressione).
Ho continuato il mio percorso terapeutico fino all'inizio della pandemia, che ha scombussolato praticamente tutto. Quell'equilibrio che pensavo di aver trovato si è distrutto e ogni progresso che stavo facendo insieme a lui (riuscire ad uscire di casa regolarmente, anche da sola, prendere mezzi da sola, fare nuove amicizie, frequentare il nuovo ambiente universitario, provare a conoscere un ragazzo con cui intraprendere una relazione - che tuttora non c'è mai stata in 22 anni - e altro correlato a tutto ciò). Da quel momento ho interrotto terapia. Che tuttora mi convinco a riprendere per poi ricadere di nuovo.
Perché ora faccio esattamente così: sembro riprendermi inizialmente, dopo un periodo breve o lungo di isolamento totale da tutto e tutti (non rispondo a messaggi, sto per la maggior parte del tempo solo a contatto con i miei genitori in casa mia, mi trascuro OVVIAMENTE non di mia volontà) mi riprendo e tutto sembra scomparso. é un circolo vizioso durante il quale si ripetono sempre le stesse cose: isolamento forzato (non da me, ma dall'ansia e dalla paura stesse, ripeto), pensieri intrusivi e negativi, pensieri paranoici, ansie - sociali e non. E poi un giorno mi sveglio e tutto è finito, sono tornata serena e devo trovare l'ennesima forza di spiegare a tutti quello che è successo - ottenendo sfilze di "non giustificarti". è diventato stancante, estraniante.
L'idea di avere 22 anni e di non aver fatto nemmeno la metà delle cose che un 22enne normale di norma fa, mi devasta, mi sconvolge e invece di spronarmi ad impegnarmi ancora più per migliorare la situazione, mi affossa.
Per non parlare poi del rapporto con i miei soli tre amici. Non mi capiscono, non riescono a comprendere il mio disagio e pretendono che io capisca il loro - si sentono presi in giro, rimangono male se non rispondo per settimane nonostante sappiano benissimo la situazione che mi attanaglia; sostengono che io mi adagi sulle mie difficoltà, che esageri ed esasperi il tutto, che pretendo di farmi giustificare da loro e che comunque nulla cambia, dopo anni e anni di quei circoli viziosi e crisi. Perché quei "non giustificarti" non servono a rassicurarmi, ma solo a farmi sentire un problema, una cosa in più, un intruso. Mi considerano un' incognita, un rebus. E non so se il problema sono davvero io - nonostante sia ovviamente certa di averne uno anche importate -, il fatto che non riesca a farmi comprendere o che non ascoltino per nulla. Non capiscono che la prima che vuole cambiare le cose sono proprio io e che non mi adagio sul mio problema. Quello che vivo è la cosa che mi schifa di più al mondo, che mi sta rovinando la vita e la giovinezza che non sto vivendo. E che, anche se non come vorrei realmente (cosa che cui Vi chiedo aiuto), mi impegno per superare. Non capiscono nemmeno che le crisi passate erano anche più forti e intense a livello di ansia e attacchi di panico, ma che ora durano "semplicemente" di più (da due settimane a un mese, per ora).
Vorrei togliermi di mezzo, vorrei obbligarli ad andarsene perché non voglio vederli soffrire - sì, a differenza di quanto sostengono loro, io li capisco eccome e loro stessi sono tra i primi che durante le crisi mi vengono in mente, facendomi sentire ancora di più una persona orribile per non riuscire a reagire e per essere così debole e fragile da non riuscire nemmeno a rispondere ad un messaggio. Non mi credono quando dico di stare male, di aver bisogno di un giorno di riposo dopo essere stata troppo tempo esposta in situazioni molto "sociali", in contatto con altri esseri umani. Pensano di essere loro un problema, comportandosi da vittime, ma no. Il problema non è il loro essere i miei amici, è proprio il loro essere umani. Dicono che non mantengo i piani, che non rispetto le loro decisioni, che sono egoista a scomparire. Ma allora, mi domando, chiederebbero ad una persona con il raffreddore di smettere di starnutire all'istante, senza neanche darle il tempo di guarire?
Qual è la verità? Qual è il mio problema? Perché non riesco a reagire? Ho bisogno d'aiuto, non so a chi rivolgermi per un consiglio - visto che uno dei miei amici considera la depressione nient'altro che un capriccio egoista e i sintomi che chiaramente si vedono (e che riconosco anche io ora, in un momento di lucidità) solo capricci e scuse. E se da una parte riesco a comprendere la loro difficoltà, dall’altra proprio non riesco a capire come una mia difficoltà che riguarda ME (e assicuro di rassicurali di continuo, per evitare sconforti o preoccupazioni da parte loro: non lo vorrei mai e non me lo perdonerei) possa addirittura essere un fastidio. Perché di fastidio parlano. Nonostante ripeta loro di smettere di giudicare qualcosa che non conoscono - e lo dica anche con tutta la calma del mondo - perché ciò non mi fa affatto reagire (sono fatta così, l'insulto mi uccide ancora di più) la situazione sembra non cambiare. Nell’ultimo messaggio che ho inviato loro ho spiegato tutto ciò che penso e che ho scritto anche qui, aggiungendo che, se davvero creo loro un disagio così importante, sono liberi assolutamente di fare ciò che credono sia meglio per loro; sono due giorni che non ottengo più risposta.
Hanno ragione? Sono davvero un potenziale impiccio e fastidio per gli altri, come loro dicono? Sono davvero un’intera che non vuole davvero guarire? Perché io non sento di esserli, sento di non starmi a piangere addosso. Il fatto è che non so, praticamente, da come iniziare. Come si può risolvere tutto al più presto? O meglio, come posso fare a convincermi a reagire e a prendere la situazione in mano al 100%? Come farò ora che, a quanto pare, ho perso tutti al di fuori della mia famiglia? Ho bisogno di un supporto, non so che fare. Ho idee autodistruttive che mi spaventano molto.
Spero in una risposta al più presto, buona giornata e grazie di cuore

  1 Risposte pubblicate per questa domanda

Dott.ssa Manuela Leonessa Inserita il 11/05/2022 - 14:44

Torino
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Buongiorno Nicole,
la sua lunga e bella lettera mi ha colpito molto. Comprendo la sofferenza che la dimora da così tanto tempo e mi chiedo per quale motivo lei continui a rimandare la ripresa del suo percorso terapeutico interrotto.
Non credo sia per quei periodi di benessere temporaneo di cui parla: lei stessa è consapevole che l’alternarsi dei suoi stati emotivi percorra un circolo vizioso che si protrae e si protrae senza soluzione di continuità.
E allora? Ha dei dubbi sulla terapia? Ne parli col suo terapeuta. Ha dei dubbi sul terapeuta? Ne cerchi un altro. Ma non si lasci vivere così.
Non credo affatto che lei non voglia guarire, credo però che non abbia ancora capito come fare. Per questo ritengo necessario che lei riprenda la terapia. Non si lasci abbattere dal dolore, lo veda piuttosto come una realtà prepotente che sta cercando di dominare la sua vita ma anche che sta cercando di dirle qualcosa.
Qualcosa in lei deve cambiare. Sappia che esistono molteplici strumenti in grado di aiutarla a capire le origini della sua sofferenza e dei suoi disagi, metodi che le permetteranno di conoscere i motivi per i quali non riesce ad uscirne e finalmente tecniche che l’aiuteranno a gestire le sue difficoltà
Ci creda, e mi scriva se ne vuole ancora parlare.
Un caro saluto,
dott.ssa Manuela Leonessa