Domande su Genitori e Figli Domande e Risposte su genitorialità e rapporto con i figli
Situazione complicata con mio figlio
Buongiorno, ho 45 anni e un figlio di 23 appena laureato e prosegue ancora con la magistrale. Appena maggiorenne se no anche poco prima gli ho detto che per le relazioni sessuali deve usare i preservativi, che deve stare attento alla compagnia perché ci sono tante malattie trasmissibili sessualmente, avere una ragazza stabile. Ho scoperto tre mesi fa che mio figlio aveva contattato online delle donne di facili costumi dicendo a loro che è timido e non ha esperienze, ieri ho scoperto ancora, cercando nel suo cellulare e risalendo al mese di giugno che ha fatto sesso con una donna matura (credo la mia età dopo il viso) che ha pure un bambino piccolo, anche sesso orale e a tre se ho capito bene anche con il compagno di lei. Mio figlio aveva rifiutato la proposta di penetrare anche lui. Quando si danno appuntamento viene suo marito, compagno che è e lo prende dal parcheggio. Lei fa sesso anche con altri ragazzi di età tra 21-25 anni. La situazione mi pare pericolosa perché mio figlio è studente, non lavora, non ha soldi, non viene con soldi estranei o altre cose comprate a casa per pensare che sia pagato, nei messaggi parlano anche di video mentre fanno sesso e io penso che questi qua lo fanno sentirsi bene per qualche mese per poi ricattarlo o obbligarlo a fare altre cose per loro. Ho paura di trovarlo morto sulla strada perché mi pare un circolo vizioso non solo una curiosità di momento. Lei lo incita con foto e messaggi e gli da appuntamento nella sua zona. Mio figlio non è mai stato una persona aperta anche se io sono stata sempre mamma amica e abbiamo fatto tutto per lui (io sono al secondo matrimonio, figlio è mio, ma mio marito l'ha sempre trattato e curato come fosse suo). Ultimamente e con mia sorpresa mi ha accusato che io l'ho obbligato a studiare che lui non vuole fare niente, secondo me starebbe tutto il giorno nel letto su questi gruppi di sesso, visto che va all'università e non fa nient'altro, fine settimana esce con gli amici, tutti maschi, ma a questo punto credo che va anche da quella li, anche in settimana quando mi dice che va a fare un giro con un amico. Non so come procedere, adesso e in vacanza, lontano da quella li, vorrei parlare con lui in modo chiaro e senza velli e appena gli prendo il cellulare contattare anche quella li e bloccarla. Ho paura che non cercherà mai una ragazza normale e non uscirà mai da questa situazione che pare gli piace abbastanza. La scorsa settimana si piangeva che ha un'afta enorme in bocca, che pensa lui sia per qualcosa che ha mangiato, ma lui non ha mai avuto le afte. Ho trovato preservativi nella sua camera, ma con sesso orale a lei non credo che può usarli. Cosa mi consiglia? Come abbordare questo problema? Vorrei farli fare tutti gli esami per le malattie sessualmente trasmissibili, gli metterò la localizzazione del cellulare e al massimo non avrà acceso alla macchina, non so cosa fare!
0 risposte - LeggiGiochi di sessualità per bambini e tra bimbi: cosa fare?
Salve, mia figlia (5) è stata coinvolta per due volte dal cuginetto di 6 anni in giochi "sessuali", lei racconta che lui le ha chiesto di togliere il costume e di fare l'amore, quindi le dava dei baci in bocca e anche quando lei non voleva più lui insisteva di dargliene ancora e le diceva che doveva amarlo per forza, poi mi dice che si sono annusati le parti intime. La prima volta che me lo ha raccontato mi sembrava imbarazzata ma non sono riuscita a capire se lei era d'accordo che tutto ciò accadesse oppure no. Mi dice che non voleva fare quel gioco ma che si è presa coraggio e l'ha fatto (testuali parole) la seconda volta che è accaduto mentre lo raccontava mi sembrava più tranquilla ma ripeteva che lei non avrebbe voluto, non so però se lo diceva come per tranquillizzarmi o perché davvero si è sentita obbligata... in ogni caso come devo comportarmi? Premetto che (anche se con fatica ) ho sempre cercato di tenere un atteggiamento tranquillo e distaccato quando le chiedevo a cosa stavano giocando sotto le coperte... mio marito dice che dovrei evitare che restino da soli, come posso gestire la situazione ed evitare che avvengano questi giochi sessuali tra bambini? Grazie per la vostra risposta
2 risposte - LeggiLa fidanzata di mio figlio
Buona sera, mio figlio 25 anni, piuttosto timido nel confrontarsi con il mondo ma comunque ha fatto il suo percorso di studio universitario e si è laureato, ora lavora ed è soddisfatto della sua posizione, fin qui nulla da dire, sono circa quattro anni che frequenta una ragazza della sua stessa età, ci è stata presentata, ed abbiamo aperto le porte di casa nostra pensando di portre dentro una figlia, abbiamo conosciuto la famiglia allargata di lei e quindi tutto bene, quando sono stati fatti gli inviti per un caffè da parte nostra ai genitori di lei tutto bene sino al giorno dell'invito che è stato declinato con un whatsapp, in seguito abbiamo avuto un lutto, la mamma della ragazza mi ha telefonato facendomi le condoglianze, lei si è offesa perchè dovevamo passare a prenderla mentre facevamo il tragitto da MILANO A VERCELLI con la salma per portarla alla cerimonia, cosa che non abbiamo fatto perchè impossibile far deviare un corteo funebre, li si è offesa e non si è più fatta vedere, continuando ad uscire con mio figlio, sino a quando dovevano partire le vacanze, ed io ho chiesto a mio figlio se era possibile salutarla prima che partissero, si è presentata come nulla fosse ed io non ho accennato nulla lasciando stare il passato, poi nulla sino a Natale, quando avevamo dei parenti che ci tenevano a conoscerla, la ragazza era al telefono con mio figlio e questa parente chiede di parlare con la ragazza, per invitarla a cena, lei in modo maleducato butta giù la comunicazione, arrabiandosi molto e rimanendo una settimana senza chiamare mio figlio, lui innamorto perso l'ha perdonta, io non so darmi spiegazioni su dei comportamenti così infantili, ho solo paura che un giorno anche mio figlio con una compagna così tagli i ponti con la famiglia, lui evita i discorsi su di lei, però vedo che soffre e non sfoga nulla come devo fare per non perderlo e forse fargli capire che pure sia una brava ragazza non sia la persona giusta per lui. La ringrazio anticipatamente.Saluti
2 risposte - LeggiNon riesco a dimostrare affetto
ciao a tutti, mi chiamo alessandra e sono nuova del sito. mi scuso da subito per il messaggio lunghissimo ma mi sono decisa solo adesso a rivolgermi ad uno psicologo. metto questa domanda sotto la sezione "genitori e figli" perchè credo sia il problema principale, ma come vedrete poi non è l'unico. spero davvero che accoglierete questa mia domanda e risolverete il mio problema. non so se sia un problema adolescenziale (ho 20 anni) o solo psicologico ma sono in questa condizione da molti anni... più o meno da quando ero alle medie. vivo con un costante senso di pressione e pretendo moltissimo da me stessa (all'università ho una media del 30). in genere sto bene, anche se sono sempre abbastanza sulle mie e sulla difensiva, non solo nei confronti degli estranei ma anche nei confronti di amici, parenti, genitori e anche del mio ragazzo, con cui sto da 4 anni. gli unici momenti in cui non mi sento sotto pressione sono quando faccio equitazione, per il resto sono sempre sotto pressione... non perchè gli altri mi ci mettano, mi metto da sola sotto pressione, quasi involontariamente... mi sento come se stessi sbagliando tutto, come se non facessi mai abbastanza, arrivando anche ad avere momenti di crisi dove inizio a piangere e non smetto prima di 30/45 minuti.
ci sono veramente tante cose da dire e probabilmente avrei bisogno di una vera seduta psicologica...
vivo con un costante peso su di me, per vari motivi:
1- non riesco a dimostrare affetto nei confronti dei miei genitori. con altre persone non ho questo problema, solo con loro. questo da sempre... mai un "ti voglio bene", se non quando mi forzavo a farlo, mai un abbraccio, eppure ho questo desiderio immenso di farlo, di essergli più vicina ci sono tantissime occasioni in cui avrei voluto ballare il valzer con mio padre, ad esempio, ma per qualche motivo ho sempre evitato, vergogna o altro. ho paura di questa cosa... i miei genitori hanno 60 anni e non avrò più molto tempo con loro... fra una decina d'anni sarò già via di casa e sento che sta passando tutto davvero troppo in fretta, come se non avessi mai vissuto il classico rapporto "genitori e figli", come se non fossi mai stata davvero con loro... eppure non mancano momenti in cui stiamo tutti insieme, e il problema non credo sia l'infanzia perchè ho avuto un'infanzia bellissima.... non sono neanche loro il problema, perchè sono molto calorosi e sempre presenti se ho bisogno... sono dei genitori fantastici... a tutto questo, al fatto che non mi sembra di aver passato vero tempo con loro, ho dato la colpa al fatto che a partire dalle superiori ogni weekend ero fuori di casa e non sono mai stata davvero con loro... son una persona estremamente indipendente e non ho mai avuto problemi ad andare in giro ecc... ultimamente, l'unico momento dove credo di aver rimediato un po' a questo problema è stato qualche settimana fa: mio zio è morto e io sono stata l'ultima persona a vederlo...appena prima di andar via ho superato il mio blocco e gli ho stretto la mano (quando ero piccola, mi ero sempre rifiutata di farmi toccare da lui e dagli altri parenti). è morto dopo poche ore... li ho sentito di aver rimediato parzialmente e ne sono stata felice... perchè ce l'ho fatta ad esprimere un gesto di affetto prima che fosse troppo tardi.
2- sento che la mia vita mi sta scivolando tra le mani, e io sono bloccata con lo studio, con l'obiettivo di fare carriera, ma sento di stare perdendo tutto il resto (rapporto con i miei genitori compreso)
3- il tema sesso e tutto quello che vi è collegato per me è taboo... non so perchè, non so se è normale... questo mi succede però, anche li, solo in famiglia... con amici o con il mio ragazzo non ci sono problemi, anche se credo di non riuscire ad avere un vero rapporto sessuale con lui, per questo motivo...
come vedete sono piena di problemi... sinceramente credo che ce ne siano altri, nascosti sotto la superficie, però non so cosa farci... nel tempo li ho sempre sminuiti, dando importanza ad altre, oppure ho sempre cercato di risolvermeli da soli... ma ultimamente ho un peso sul cuore che non so proprio come togliere.
spero mi aiuterete...
grazie in anticipo,
ale
Mi odio, cosa posso fare?
Gentili dottori,
Sono Claudio, ho 23 anni e ho già fatto psicoterapia per un periodo di 10 mesi, da Marzo a Dicembre 2017.
Scrivo di una situazione per me tanto confusa quanto recente. Il mio problema è che dentro di me c'è una voce che quando non viene soffocata mi ricorda che mi odio, me lo urla. Disprezzo me stesso per la mia debolezza, per la mia lunaticità, per non riuscire a essere autentico con le persone a cui tengo. Non mi piaccio fisicamente ed è per me un'ossessione, ma prima di iniziare a fare palestra per irrobustirmi ho cominciato a sospettare che il mio problema sia ben diverso da una semplice dismorfofobia: sospetto che quanto mi sta accadendo da un po di anni sia il risultato di un'infanzia in cui sono arrivato a idealizzare i miei genitori per non provare ira e frustrazione per la loro educazione repressiva (e a tratti violenta). In sintesi, sospetto che dentro di me ci sia una rabbia che non trova espressione, derivante da una "pedagogia nera" e che mi porta al giorno d'oggi a odiarmi, mi trovo infatti ridicolo e gradualmente sto perdendo le speranze di amarmi. Ho l'abitudine da 5 anni di tenere un diario, nel quale non scrivo sistematicamente quanto accaduto ogni giorno: preferisco invece usarlo come valvola di sfogo, senza appuntamento, quando mi va lascio che i miei pensieri si imprimano senza filtri sulla carta. Per carattere sono introspettivo e cerco di ascoltarmi, qualunque emozione io stia provando. Ma fare lo psicologo di me stesso non è semplice, soprattutto perché non ho una sincera autostima e mi giudico a ogni piè sospinto. La consapevolezza del mio odio è arrivata dalle pagine del mio diario datate 6 mesi fa. Nel mio ultimo percorso di psicanalisi ho compreso infatti che ho soffocato per tutti gli anni del liceo questo odio verso me stesso creandomi un'immagine ideale di me stesso, quasi un "supereroe": sono stato figlio modello, studente modello, amico modello, ragazzo pacato e sempre incline all'ascolto. Insieme al mio dottore abbiamo superato questa visione, ma da quel momento mi sono sentito "nudo". Ho provato a ricostruire un'autostima (questa volta autentica) ma non ci sono mai riuscito, in questo quadro ho avuto anche la mia prima delusione amorosa e sono stato lasciato all'improvviso dal ragazzo che amavo. Mio padre non ha accettato completamente la mia sessualità e con lui il rapporto è molto complicato: da un po' di tempo non gli voglio più bene, ma non me ne vergogno, avrà le sue responsabilità senz'altro. I miei genitori si sono separati quando avevo 8 anni, da lì mio padre è passato da essere il mio dio a una persona che a tratti odiavo, perché non viveva più con me e anzi, dopo poco tempo ha conosciuto la sua attuale moglie. A livello razionale non mi sento geloso, ma chissà cosa bolle in pentola da anni. Il risultato è che adesso lui vorrebbe vedermi in modo più leggero, per venirmi incontro e aiutarmi a sentirmi di nuovo legato a lui, se non come un padre almeno come un amico. Ma non ne ho voglia, e se a volte mi sento in colpa più sovente mi sento saldo nella mia decisione. In conclusione, anche questo "voltafaccia" con mio padre mi sta facendo pensare di covare una rabbia inespressa, motivo della mia autostima bassa, o forse del tutto assente. Voglio cambiare la mia vita e amarmi, non ha senso la vita senza l'amore per se stessi: non sarei capace di amare nessun altro, perlomeno non in modo sano. E a 23 anni sento di consumare nell'odio quelli che potrebbero essere i miei anni migliori. Voglio far rivivere quel bambino che a un certo punto è diventato adulto di colpo. Vorrei sapere se un percorso psicologico nel mio caso può essere d'aiuto e se secondo voi, per quanto potete leggere, io abbia fatto centro e in qualche modo abbia capito da dove deriva la mia frustrazione. Grazie in anticipo per il cortese interesse, cordiali saluti.
Quando il rapporto con la suocera altera il tuo equilibrio.....
Salve,
Ho 28 anni e ho un bambino di quasi un anno. Prima della nascita di mio figlio tutto era perfetto, mi sentivo felice e serena psicologicamente, stavo per realizzare il sogno di creare una mia famiglia e mai avrei immaginato di trovarmi nell'ansia che mi accompagna da un anno a questa parte. Il mio problema, ahimé, sono i miei suoceri, che ovviamente stanno minando anche il rapporto con il mio compagno. Dopo la nascita del mio bimbo ho cominciato a notare atteggiamenti strani e eccessivi soprattutto di mia suocera, la quale ha cominciato da subito ad atteggiarsi da seconda mamma: in più di qualche occasione ha detto a me e a terze persone che il bambino non era mio ma suo, quando piangeva correva lei a prenderlo su per consolarlo, me lo prendeva dalle braccia in ogni occasione e quando siamo da loro non fanno altro che passarselo dalle braccia senza considerarmi, mettendomi a disagio; se devo allattarlo fanno finta di non sentire per non darmelo e, per giustificare il tutto, lei continua a dire che questo è l'unico modo di godersi il nipote. Adesso che ha cominciato a mangiare, vogliono fargli assaggiare qualsiasi cosa di mano loro, nonostante io abbia detto di essere contraria (ci avevano già provato ancora quando era piccolino).
E tralasciando il fatto che inizialmente passavano il tempo a paragonare il nipote al papà e alla loro famiglia in tutto e per tutto! Ogni cosa faceva, anche il modo di sbadigliare, assomigliava al papà o a qualche loro parente. (Parlo di una famiglia che voleva un nipote maschio per portare avanti la razza...parole loro)
La mia impressione è che mia suocera continui a voler sottolineare le origini paterne del nipote e il suo ruolo in questo ( continua a rivolgersi al bimbo fin da quando era piccolo fantasticando sul fatto che lui una volta cresciuto andasse a dormire da lei o che andasse a trovarli senza genitori).
Io, vedendo l'atteggiamento e essendo già prevenuta di mio sulla categoria "suocere", ho cominciato subito a mettere paletti, a dire quello che non mi andava e a pretendere di andare a trovarli solo con il mio compagno una volta a settimana. Ero e sono fermamente convinta che se non avessi messo questi paletti, mi troverei in una situazione ancora peggiore di possessività.
Qui però entra in gioco il mio compagno, che si è rivelato essere un gran mammone! Non solo ha sempre giustificato la mamma quando ho espresso il mio disagio, ma anzi pretendeva che la coinvolgessi nella mia vita e nell'accudimento di mio figlio vedendola più volte a settimana. Quando gli ho spiegato che non me la sentivo, sono passata per cattiva e ingrata.
In più, se c'è da fare qualcosa, qualche weekend fuori porta o altro, vuole sempre coinvolgere i genitori e passare tempo con loro per fargli godere il nipote.
A tutt'oggi questo è motivo di discussione tra noi, a tal punto che i miei sentimenti per lui sono cambiati, perché non mi sento considerata e rispettata. Questa situazione mi sta portando al limite, mi sveglio la notte e non riesco più a dormire; quando andiamo a trovarli sono sempre tesa e agitata e ogni piccola cosa mi fa scattare. Avrei bisogno forse di trovare un lavoro o qualcosa che mi impegni, ma so già che sarei obbligata a lasciare mio figlio ai suoceri, senza poter scegliere i miei genitori o il nido, e non voglio nel modo più assoluto, anche perchè non mi fido di loro, hanno un modo di vedere le cose completamente diverso dal mio e più volte a casa loro ho assistito a litigate brutte, alle quali non voglio dover far assistere il mio bimbo. Tutto questo sta rovinando la nostra vita di coppia oltre al futuro del mio bambino, al quale non voglio negare dei genitori uniti. Mi sono fatta mille domande, se sono sbagliata io, o se magari vedo la cosa in modo esagerato. Inutile dire che a volte riescono a farmi sentire in colpa. Sono sempre stata una persona buona, paziente e rispettosa. E adesso non mi riconosco in come questa situazione mi sta trasformando. A volte mi sento cattiva e mi spaventa dirlo, ma non posso negarlo, credo di provare una sorta di odio nei loro confronti, sentimento mai provato prima.
Io da quando è nato mio figlio non riesco più a sopportare e a far prendere decisioni agli altri per me. E questo il mio compagno l'ha notato, dicendomi che sono cambiata e diventata scontrosa, lontana dalla persona di cui si era innamorato. Vorrei solo ritrovare la serenità e l'equilibrio con lui, ma a volte ho l'impressione che l'unico modo sarebbe accontentarlo e cedere.
Piccolo dettaglio forse irrilevante per voi, ma che per me ha inciso in parte, le frasi di mia suocera sul fatto che il nipote fosse suo e il suo comportamento di possessività non sono mai riuscita a sopportarlo anche perchè un anno e mezzo prima avevo perso un bimbo al nono mese di gravidanza....non pretendo che capisse le mie paure iniziali con la nascita del secondo bimbo, ma un minimo di sensibilità e rispetto credo dovesse averla.
Non so se voglio fare un figlio
Salve,
vi pongo questa domanda dopo vari mesi in cuis to cercando di prendere una decisione, ma non ho mai una risposta certa.
Ho 36 anni e sono sposata da 2 anni, mio marito ha un lavoro stabile ed invece sto aspettando di capire se possono rinnovarmi il contratto. Avevo deciso di avere un figlio, ma poi con il problema contratto abbiamo messo in pausa. Io sto gia prendendo acido folico da circa sei mesi, per prepararmi alla gravidanza e mio marito vorrebbe un figlio, ma dice che sarebbe felice anche se io non volessi. Io non sono sicura, ho paura dei cambiamenti nella nostra vita e non so se riuscirei a cambiare i miei ritmi dopo tanti anni di coppia. Quando vedo i bimbi per strada o persone incinte penso che carino o che bella pancia, ma poi il resto mi terrorizza. Ho anche paura della possibilita' di avere un bambino con malattie gravi e che io non sarei in grado di aiutare. Insomma non so che fare, spesso penso che sport mi piacerebbe facesse o che non potri dargli, quindi fantastico ma poi mi vengono un sacco di paure. Quindi non so se voglio fare un figlio perche' voglio o perche' gli altri lo fanno e sembrano felici, e non so se non voglio farlo perche mi spaventano le storie di gente infelice o stressata con i figli o perche mi sento che io non sarei brava. Grazie mille per il vostro tempo
Consiglio episodio ragazzo di 14 anni
Buongiorno,
Mio figlio di 14 anni, prima superiore, dopo un litigio avvenuto ieri dove gli è stato tolto del tempo sui dispositivi e un altro litigio avvenuto ieri sera, questa mattina si è rifiutato di andare a scuola, nonostante gli innumerevoli richiami e nonostante avesse una verifica.
Ci ha scritto la professoressa segnalandoci la cosa.
Subito abbiamo pensato che una cosa così grave non andasse giustificata (è capitato anche qualche volta alle medie), poi ho provato a parlargli spiegandogli che è una cosa grave, che non si può non andare a scuola o al lavoro perchè si litiga, che bisogna prendersi le proprie responsabilità.
Dopodichè ho pensato anche di dirgli che avrei voluto una sua opinione in merito, che volevo che leggesse la risposta che avrei dato alla professoressa, ovvero che eravamo a conoscenza del tutto, che avevamo dei problemi nel rapporto con lui in questo momento, ma che oggi si era rifiutato di andare a scuola. Eravamo consapevoli della gravità della questione e avremmo sperato che non ricapitasse più.
Gli ho detto che se avesse garantito che se non fosse più successo, per questa volta avremmo potuto trovare una soluzione alternativa. Lui ha detto che non sarebbe più capitato, che lo garantiva, ma io sinceramente ci credo poco e non ha un atteggiamento per nulla di una persona pentita.
Chiedo un consiglio,
Grazie.
Problemi figlio 12 anni
Ciao a tutti.
Vi scrivo perché ho un problema con la gestione di mio figlio di 12 anni e la mia nuova compagna. Io ho 40 anni e sono separato. Sto con la mia compagna di 34 anni da due anni, ma solo da un anno la relazione si è consolidata. Lei ha sempre detto che uomini con i figli non ne voleva, poi ha incontrato me e ha deciso di provarci lo stesso. Le cose vanno alla grande quando non c'è mio figlio, ma quando c'è lui le cose si complicano.
Io lavoro tutte le mattine, week end compresi, con un libero a settimana a girare, ed entro alle 7 di mattina.
Lei lavora come insegnante.
Lei vorrebbe convivere, dato che ha casa di proprietà, io invece sono appoggiato dai miei al momento. Il fatto è che io le ho spiegato che con la mia situazione andare a convivere vorrebbe dire dover stare con mio figlio quando io non ci sono, ma lei questa cosa non le va giù, e vorrebbe che io lo svegliassi alle 5:30 per portarlo dai nonni prima di andare a lavoro o comunque non doversene occupare.
Oltretutto c'è il fatto che lei ce l'ha un po' con mio figlio perché, dopo 7 mesi passati a cercare di instaurare un rapporto, lui una sera disse che voleva stare un po' più solo con me e meno con lei (perché sua mamma lo mette su contro la mia compagna perché ce l'ha con me per la separazione).
Io non so come comportarmi. D. sta con me, questo è poco ma sicuro, e sicuramente non lo faccio svegliare alle 5:30 per portarlo dai nonni. Ma allora come fare per conciliare tutto?
Che disturbi può avere questo ragazzo?
Scrivo in merito ai comportamento di un ragazzo, non mio parente ma ad ogni modo a me vicino. Il ragazzo in questione ha un'età di quasi 17 anni il quale non parla con nessuno, non risponde neanche alle domande più basilari se non con qualche verso o al massimo con uno sporadico "sì-no".
Quest'ultimo inoltre non esce mai da casa, si isola dalla mattina fino alla sera estraneandosi completamente nel mondo dei videogames, consuma pranzo e cena in camera, portati dalla madre su un vassoio. Disconosce le più basilari norme igieniche, bisogna sollecitarlo più volte a lavarsi i denti o a farsi una doccia.
In aggiunta a tutto ciò, seppur di carattere e temperamento debole, ha diversi scatti d'ira che lo portano a rompere ciclicamente oggetti come ad esempio il telefono cellulare o il joystick della già citata playstation, danni che ad ogni modo vengono prontamente riparati dai parenti o comunque gli oggetti in questione vengono riacquistati. Il soggetto in un intero giorno è in grado di non proferire nessuna parola tranne durante le sessioni di gioco con gli amici online, soprattutto in questo contesto sentendo i discorsi dimostra una elevata sicurezza di sè e addirittura sembra che egli sia il "leader", cosa che invece nella vita reale è l'opposto. Inoltre negli ultimi tempi, venendo a contatto con un animale domestico, un gatto, il ragazzo ha dimostrato una crudeltà a dir poco disarmante. Ovviamente non parliamo di torture vere e proprie ma comunque quando è controllato a vista o meglio, quando è consapevole di essere visto dimostra un enorme affetto nei confronti dell'animale, mentre quando crede di non essere visto è stato più volte sorpreso a cercare di colpire l'animale oppure a spaventarlo con colpi sui mobili o sulle pareti. Tengo ad aggiungere che proprio durante questi episodi di "crudeltà " è staro visto ridere di gusto e proprio nel momento in cui arrivava qualcuno cambiava espressione per poi fingere di star facendo qualche attività non inerente con l'animale. Adesso dopo questa spiegazione, seppur molto articolata è chiara la scarsa presenza dei genitori alle spalle di questo individuo, poiché è praticamente abbandonato a sé stesso, dimostrazione di ciò è anche lo scarso rendimento a scuola che lo ha portato al ritiro della stessa e ad una bocciatura durante la frequentazione delle scuole medie, periodo in cui gli veniva permesso di giocare alla playstation anche fino alle 02:00 di notte, comportamento che veniva ostacolato con qualche richiamo da parte dei genitori che si concludeva comunque sempre con la "vittoria" del ragazzo. Ora, vista la maggiore età alle porte, il ragazzo in questione è recuperabile? È solo una mancanza di educazione e disciplina? O c'è qualche patologia che lo affligge? Che ci sia l'aiuto di un esperto è chiaro. Ma anche solo riuscire a capire di cosa possa soffrire sarebbe un ulteriore tassello da aggiungere al puzzle, puzzle che consiste nel convincere i genitori ad aiutarlo o meglio a farlo aiutare da chi è del mestiere. Ringrazio in anticipo per la risposta.
Come affrontare questa situazione molto difficile?
Buongiorno,
Sono un ragazzo di 27 anni con diversi problemi di vita e relative conseguenze psicologiche.
Gli ultimi anni sono stati tragici e ora mi ritrovo a fare i conti con una forte dissociazione e depersonalizzazione/derealizzazione, ansia e depressione.
Il mio passato è stato caratterizzato da una famiglia molto difficile e particolare, sono stato abusato fisicamente e psicologicamente da mia madre in tenera età con continue percosse e maltrattamenti psicologici. Vivevo la mia esistenza come se la vita non avesse un gran senso e ho esperito i primi sintomi di dissociazione già nell'infanzia iniziando a non sentire più reale la realtà circostante.
Ho sempre ricercato affetto nelle figure genitoriali ma non ho ottenuto altro che superficialità, ambivalenza e prese in giro.
I miei genitori non si sono mai interessati di me.
A questi traumi si sono aggiunti ulteriori traumi in età adulta a causa di mio padre, un'altra persona particolarmente instabile e maltrattante (meno rispetto a mia madre), violento soprattutto nei confronti di una delle mie sorelle.
Negli anni ho sofferto di una forte depressione alternata a periodi di stabilità più o meno lunghi, visto che la situazione pareva essersi assestata. Mia madre non era più violenta fisicamente, ma lo divenne solo psicologicamente. Mio padre era assente.
Fino all'età di 11-13 anni ho sofferto di enuresi notturna senza mai una plausibile spiegazione a ciò, venivo spesso umiliato da mia madre per questo motivo, ne parlava con parenti e familiari senza rispettare la mia vergogna relativamente a questo problema.
Purtroppo nessuno è riuscito a salvarmi da quella situazione infernale.
Per chiudere il quadro, mio padre è andato via di casa per impegnarsi con una donna molto più giovane di lui, dando alla luce 3 bambini in un tempo record. Ci ha lasciato un mare di debiti e purtroppo abbiamo perso la casa andata via all'asta a causa dell'ipoteca per un finanziamento non ripagato del tutto.
Purtroppo la situazione non finisce qua, ci sono altre situazioni di cui mi è difficile parlare al momento e che sono quelle che mi hanno danneggiato più di qualsiasi altra forma di maltrattamento subito.
Il problema è che spesso giustifico il comportamento dei miei genitori, loro non giustificano mai i miei, mi hanno devastato da cima a fondo.
A 24 anni ho avuto la brillante idea di andare via di casa, lontano da loro, però si sa, questi soggetti non ti lasciano mai andare al 100%, anche se cerchi di ricostruirti la loro vita, e loro sanno che puoi farlo, cercano in ogni modo di svalutarti e farti sentire il nulla, cercando sempre di distruggerti e di annientarti il più possibile.
Quando cambiai città la strada non è stata subito pratica, dovevo lavorare e allo stesso tempo ricominciare una carriera universitaria che mi desse la possibilità di ricominciare a sperare in un futuro migliore. Purtroppo non ci sono riuscito perché alcuni demoni sono ritornati con le annesse paure.
La vita mi risulta sempre più difficile e ho vergogna della situazione in cui mi trovo, ho vergogna di stare con persone della mia stessa età e dover dire il fallimento che sono e la situazione che mi porto dietro, sono solo.
Vorrei ricominciare da zero ma attualmente non so neanche da dove. La dissociazione mi sta mangiando vivo ultimamente e non riesco a tenere il passo nella vita.
Tagliare i ponti con la famiglia: è possibile trovare una soluzione con il dialogo?
Buongiorno.
Preferisco non dire il mio nome, sono un ragazzo, ho 21 anni, specifico da subito che sono ateo.
Sono nato in Italia, entrambi i miei genitori sono degli immigrati.
È da quando sono giovane che faccio molta fatica a integrarmi nella società, mi sono sempre sentito imperfetto e diverso dagli altri per le mie origini straniere, tutt'oggi, nonostante il fatto che io sappia parlare fluentemente l'Italiano e abbia un aspetto perlomeno occidentale, ho sempre l'impressione che gli altri siano sempre in grado di trovare qualcosa in me che non va, qualcosa per categorizzarmi come strano, diverso dal gruppo, e dunque da escludere.
Mio padre è un uomo onesto, grande lavoratore, in 20 anni ha messo in piedi da solo questa casa, ha fatto educare a scuola me e mia sorella, ci ha dato da mangiare e sottolineo che non stenta mai a ricordarcelo, come se questo fosse l'unica cosa che conta in un padre, visto che sotto il punto di vista emotivo ho legato molto poco con lui, non esprime mai quello che prova ed è sempre silenzioso, tranne quando si arrabbia, è chiaro.
Fino ad ora, non ci sono grandi problemi particolari a farmi desiderare di lasciare la mia famiglia, ma questo perché ancora non ho parlato di mia madre e specialmente della sua ossessione religiosa.
Vedete, noi facciamo parte di una comunità cristiana ortodossa molto piccola e rigidissima, e come se non bastasse, mia madre è una donna ossessionata dalla religione, convinta che bisogna seguire alla lettera ogni singola cazzata che sta scritta nella bibbia.
Finché si tratta di una sua scelta personale a me va bene, diventa un problema quando si sente in dovere di imporre queste follie agli altri.
Lei lo vede come un senso di responsabilità da parte sua di, e lo scrivo in stampatello, COSTRINGERMI, ad essere cristiano e a seguire alla lettera ogni singolo insegnamento biblico.
Ad aggravare la situazione c'è il fatto che lei ritenga che se non mi perseguita fino all'ultimo mio (o suo) respiro, assicurandosi che io faccia una miserabile vita fatta di privazioni, allora la sua anima è destinata all'inferno.
Comprendete quindi che questo particolare modello di pensiero malato tipico delle persone fortemente attaccate alla religione, rende ogni tentativo di dialogo inutile, in particolar modo quando si discute con una persona debole di mente e cuore come mia madre, incapace di affidarsi all'intelletto e a semplici ragionamenti logici basilari, e che quindi semplicemente si fida e segue ciecamente quello che dice la religione senza dubitare o fare domande, burattino dei preti.
Questo non vale solo per mia madre ma anche per i miei parenti e i conoscenti che fanno parte di questa comunità religiosa, tutti ossessionati, guardano la vita con quegli occhi ormai, vedono la religione in ogni cosa, lavaggio del cervello totale, mi fanno sentire così solo quando sono con me, siamo così diversi.
Dio non ci ha forse dato il libero arbitrio? È veramente questo l'insegnamento cristiano di Gesù Cristo? Imporre il proprio credo sugli altri? Rendere le loro vite miserabili pur di vederli fare il segno della croce?
Che razza di persona va in chiesa, prega, e mantiene uno stile di vita così triste e pieno di privazioni solo perché tormentato dalla madre? Se esistesse veramente un Dio, egli lascerebbe veramente che il cuore non credente di una persona praticante entri in paradiso?
Ho visto credenti picchiarsi nella nostra chiesa per delle stupidate e gente atea atteggiarsi come persone per bene, non per religione ma per buon senso, ma vaglielo a dire tu questo a mia madre.
La nostra comunità religiosa, come tutte le altre a parer mio, da millenni indottrina le persone e pianta il seme della paura nel cuore dei suoi fedeli, questo terrore che se abbandoni il credo sei condannato ad una vita miserabile e all'inferno.
Io sono stanco e stufo di tutto questo, non voglio perdere questo ultimo bagliore di luce che mi spinge a provare e ad andare avanti, sperando che le cose andranno meglio.
Madre, ti voglio bene ma stai rovinando la mia vita, non sei in grado di staccarti e di lasciare che il passero voli e lasci il nido, come è giusto che sia. Non ho più bisogno della tua supervisione, così è da anni ormai, ma questo purtroppo tu non lo capirai.
Mi rivolgo a voi professionisti come ultimo grido d'aiuto:
È davvero impossibile trovare una soluzione mediante il dialogo ad una situazione così sofisticata?
Ho bisogno di aiuto, per favore.
Non so se voglio fare un figlio
Salve,
vi pongo questa domanda dopo vari mesi in cuis to cercando di prendere una decisione, ma non ho mai una risposta certa.
Ho 36 anni e sono sposata da 2 anni, mio marito ha un lavoro stabile ed invece sto aspettando di capire se possono rinnovarmi il contratto. Avevo deciso di avere un figlio, ma poi con il problema contratto abbiamo messo in pausa. Io sto gia prendendo acido folico da circa sei mesi, per prepararmi alla gravidanza e mio marito vorrebbe un figlio, ma dice che sarebbe felice anche se io non volessi. Io non sono sicura, ho paura dei cambiamenti nella nostra vita e non so se riuscirei a cambiare i miei ritmi dopo tanti anni di coppia. Quando vedo i bimbi per strada o persone incinte penso che carino o che bella pancia, ma poi il resto mi terrorizza. Ho anche paura della possibilita' di avere un bambino con malattie gravi e che io non sarei in grado di aiutare. Insomma non so che fare, spesso penso che sport mi piacerebbe facesse o che non potri dargli, quindi fantastico ma poi mi vengono un sacco di paure. Quindi non so se voglio fare un figlio perche' voglio o perche' gli altri lo fanno e sembrano felici, e non so se non voglio farlo perche mi spaventano le storie di gente infelice o stressata con i figli o perche mi sento che io non sarei brava. Grazie mille per il vostro tempo
Consiglio episodio ragazzo di 14 anni
Buongiorno,
Mio figlio di 14 anni, prima superiore, dopo un litigio avvenuto ieri dove gli è stato tolto del tempo sui dispositivi e un altro litigio avvenuto ieri sera, questa mattina si è rifiutato di andare a scuola, nonostante gli innumerevoli richiami e nonostante avesse una verifica.
Ci ha scritto la professoressa segnalandoci la cosa.
Subito abbiamo pensato che una cosa così grave non andasse giustificata (è capitato anche qualche volta alle medie), poi ho provato a parlargli spiegandogli che è una cosa grave, che non si può non andare a scuola o al lavoro perchè si litiga, che bisogna prendersi le proprie responsabilità.
Dopodichè ho pensato anche di dirgli che avrei voluto una sua opinione in merito, che volevo che leggesse la risposta che avrei dato alla professoressa, ovvero che eravamo a conoscenza del tutto, che avevamo dei problemi nel rapporto con lui in questo momento, ma che oggi si era rifiutato di andare a scuola. Eravamo consapevoli della gravità della questione e avremmo sperato che non ricapitasse più.
Gli ho detto che se avesse garantito che se non fosse più successo, per questa volta avremmo potuto trovare una soluzione alternativa. Lui ha detto che non sarebbe più capitato, che lo garantiva, ma io sinceramente ci credo poco e non ha un atteggiamento per nulla di una persona pentita.
Chiedo un consiglio,
Grazie.
Problemi figlio 12 anni
Ciao a tutti.
Vi scrivo perché ho un problema con la gestione di mio figlio di 12 anni e la mia nuova compagna. Io ho 40 anni e sono separato. Sto con la mia compagna di 34 anni da due anni, ma solo da un anno la relazione si è consolidata. Lei ha sempre detto che uomini con i figli non ne voleva, poi ha incontrato me e ha deciso di provarci lo stesso. Le cose vanno alla grande quando non c'è mio figlio, ma quando c'è lui le cose si complicano.
Io lavoro tutte le mattine, week end compresi, con un libero a settimana a girare, ed entro alle 7 di mattina.
Lei lavora come insegnante.
Lei vorrebbe convivere, dato che ha casa di proprietà, io invece sono appoggiato dai miei al momento. Il fatto è che io le ho spiegato che con la mia situazione andare a convivere vorrebbe dire dover stare con mio figlio quando io non ci sono, ma lei questa cosa non le va giù, e vorrebbe che io lo svegliassi alle 5:30 per portarlo dai nonni prima di andare a lavoro o comunque non doversene occupare.
Oltretutto c'è il fatto che lei ce l'ha un po' con mio figlio perché, dopo 7 mesi passati a cercare di instaurare un rapporto, lui una sera disse che voleva stare un po' più solo con me e meno con lei (perché sua mamma lo mette su contro la mia compagna perché ce l'ha con me per la separazione).
Io non so come comportarmi. D. sta con me, questo è poco ma sicuro, e sicuramente non lo faccio svegliare alle 5:30 per portarlo dai nonni. Ma allora come fare per conciliare tutto?
Che disturbi può avere questo ragazzo?
Scrivo in merito ai comportamento di un ragazzo, non mio parente ma ad ogni modo a me vicino. Il ragazzo in questione ha un'età di quasi 17 anni il quale non parla con nessuno, non risponde neanche alle domande più basilari se non con qualche verso o al massimo con uno sporadico "sì-no".
Quest'ultimo inoltre non esce mai da casa, si isola dalla mattina fino alla sera estraneandosi completamente nel mondo dei videogames, consuma pranzo e cena in camera, portati dalla madre su un vassoio. Disconosce le più basilari norme igieniche, bisogna sollecitarlo più volte a lavarsi i denti o a farsi una doccia.
In aggiunta a tutto ciò, seppur di carattere e temperamento debole, ha diversi scatti d'ira che lo portano a rompere ciclicamente oggetti come ad esempio il telefono cellulare o il joystick della già citata playstation, danni che ad ogni modo vengono prontamente riparati dai parenti o comunque gli oggetti in questione vengono riacquistati. Il soggetto in un intero giorno è in grado di non proferire nessuna parola tranne durante le sessioni di gioco con gli amici online, soprattutto in questo contesto sentendo i discorsi dimostra una elevata sicurezza di sè e addirittura sembra che egli sia il "leader", cosa che invece nella vita reale è l'opposto. Inoltre negli ultimi tempi, venendo a contatto con un animale domestico, un gatto, il ragazzo ha dimostrato una crudeltà a dir poco disarmante. Ovviamente non parliamo di torture vere e proprie ma comunque quando è controllato a vista o meglio, quando è consapevole di essere visto dimostra un enorme affetto nei confronti dell'animale, mentre quando crede di non essere visto è stato più volte sorpreso a cercare di colpire l'animale oppure a spaventarlo con colpi sui mobili o sulle pareti. Tengo ad aggiungere che proprio durante questi episodi di "crudeltà " è staro visto ridere di gusto e proprio nel momento in cui arrivava qualcuno cambiava espressione per poi fingere di star facendo qualche attività non inerente con l'animale. Adesso dopo questa spiegazione, seppur molto articolata è chiara la scarsa presenza dei genitori alle spalle di questo individuo, poiché è praticamente abbandonato a sé stesso, dimostrazione di ciò è anche lo scarso rendimento a scuola che lo ha portato al ritiro della stessa e ad una bocciatura durante la frequentazione delle scuole medie, periodo in cui gli veniva permesso di giocare alla playstation anche fino alle 02:00 di notte, comportamento che veniva ostacolato con qualche richiamo da parte dei genitori che si concludeva comunque sempre con la "vittoria" del ragazzo. Ora, vista la maggiore età alle porte, il ragazzo in questione è recuperabile? È solo una mancanza di educazione e disciplina? O c'è qualche patologia che lo affligge? Che ci sia l'aiuto di un esperto è chiaro. Ma anche solo riuscire a capire di cosa possa soffrire sarebbe un ulteriore tassello da aggiungere al puzzle, puzzle che consiste nel convincere i genitori ad aiutarlo o meglio a farlo aiutare da chi è del mestiere. Ringrazio in anticipo per la risposta.
Tagliare i ponti con la famiglia: è possibile trovare una soluzione con il dialogo?
Buongiorno.
Preferisco non dire il mio nome, sono un ragazzo, ho 21 anni, specifico da subito che sono ateo.
Sono nato in Italia, entrambi i miei genitori sono degli immigrati.
È da quando sono giovane che faccio molta fatica a integrarmi nella società, mi sono sempre sentito imperfetto e diverso dagli altri per le mie origini straniere, tutt'oggi, nonostante il fatto che io sappia parlare fluentemente l'Italiano e abbia un aspetto perlomeno occidentale, ho sempre l'impressione che gli altri siano sempre in grado di trovare qualcosa in me che non va, qualcosa per categorizzarmi come strano, diverso dal gruppo, e dunque da escludere.
Mio padre è un uomo onesto, grande lavoratore, in 20 anni ha messo in piedi da solo questa casa, ha fatto educare a scuola me e mia sorella, ci ha dato da mangiare e sottolineo che non stenta mai a ricordarcelo, come se questo fosse l'unica cosa che conta in un padre, visto che sotto il punto di vista emotivo ho legato molto poco con lui, non esprime mai quello che prova ed è sempre silenzioso, tranne quando si arrabbia, è chiaro.
Fino ad ora, non ci sono grandi problemi particolari a farmi desiderare di lasciare la mia famiglia, ma questo perché ancora non ho parlato di mia madre e specialmente della sua ossessione religiosa.
Vedete, noi facciamo parte di una comunità cristiana ortodossa molto piccola e rigidissima, e come se non bastasse, mia madre è una donna ossessionata dalla religione, convinta che bisogna seguire alla lettera ogni singola cazzata che sta scritta nella bibbia.
Finché si tratta di una sua scelta personale a me va bene, diventa un problema quando si sente in dovere di imporre queste follie agli altri.
Lei lo vede come un senso di responsabilità da parte sua di, e lo scrivo in stampatello, COSTRINGERMI, ad essere cristiano e a seguire alla lettera ogni singolo insegnamento biblico.
Ad aggravare la situazione c'è il fatto che lei ritenga che se non mi perseguita fino all'ultimo mio (o suo) respiro, assicurandosi che io faccia una miserabile vita fatta di privazioni, allora la sua anima è destinata all'inferno.
Comprendete quindi che questo particolare modello di pensiero malato tipico delle persone fortemente attaccate alla religione, rende ogni tentativo di dialogo inutile, in particolar modo quando si discute con una persona debole di mente e cuore come mia madre, incapace di affidarsi all'intelletto e a semplici ragionamenti logici basilari, e che quindi semplicemente si fida e segue ciecamente quello che dice la religione senza dubitare o fare domande, burattino dei preti.
Questo non vale solo per mia madre ma anche per i miei parenti e i conoscenti che fanno parte di questa comunità religiosa, tutti ossessionati, guardano la vita con quegli occhi ormai, vedono la religione in ogni cosa, lavaggio del cervello totale, mi fanno sentire così solo quando sono con me, siamo così diversi.
Dio non ci ha forse dato il libero arbitrio? È veramente questo l'insegnamento cristiano di Gesù Cristo? Imporre il proprio credo sugli altri? Rendere le loro vite miserabili pur di vederli fare il segno della croce?
Che razza di persona va in chiesa, prega, e mantiene uno stile di vita così triste e pieno di privazioni solo perché tormentato dalla madre? Se esistesse veramente un Dio, egli lascerebbe veramente che il cuore non credente di una persona praticante entri in paradiso?
Ho visto credenti picchiarsi nella nostra chiesa per delle stupidate e gente atea atteggiarsi come persone per bene, non per religione ma per buon senso, ma vaglielo a dire tu questo a mia madre.
La nostra comunità religiosa, come tutte le altre a parer mio, da millenni indottrina le persone e pianta il seme della paura nel cuore dei suoi fedeli, questo terrore che se abbandoni il credo sei condannato ad una vita miserabile e all'inferno.
Io sono stanco e stufo di tutto questo, non voglio perdere questo ultimo bagliore di luce che mi spinge a provare e ad andare avanti, sperando che le cose andranno meglio.
Madre, ti voglio bene ma stai rovinando la mia vita, non sei in grado di staccarti e di lasciare che il passero voli e lasci il nido, come è giusto che sia. Non ho più bisogno della tua supervisione, così è da anni ormai, ma questo purtroppo tu non lo capirai.
Mi rivolgo a voi professionisti come ultimo grido d'aiuto:
È davvero impossibile trovare una soluzione mediante il dialogo ad una situazione così sofisticata?
Ho bisogno di aiuto, per favore.
Mio figlio ha una diagnosi di DOC
Buongiorno, Vi scrivo perché a giugno mio figlio, che aveva smesso di mangiare con appetito, messo alle strette da me, perché volevo sapere cosa avesse, mi ha confidato di avere dei pensieri intrusivi “ricorrenti” che riguardavano l’essere omosessuale. Io l’ho portato dalla psichiatra di fiducia, perché mi ha detto che la situazione si trascinava da marzo ed era molto invalidante, che gli ha dato ansiolitici e antidepressivi e comincerà una terapia comportamentale a settembre.
A parte che io non ho ben capito se l’origine di tale disturbo è nato da problemi di relazione con l’altro sesso o se è omosessuale, il mio problema “ attuale” è non capire bene come comportarmi con lui. Mi verrebbe da “ spronarlo” ad uscire, ma la psichiatra dice di lasciarlo tranquillo, che quando sta bene uscirà lui. In effetti sta dando esami all’ università e ha organizzato 2 brevi viaggi con gli amici. Però ieri ad esempio che veniva l’amministratore per un problema di casa, lui voleva uscire proprio in quel momento, come per “evitare” di vedere questi 2 estranei, che però si sono fermati 10 minuti. Io gli ho detto di fermarsi, perché la casa è anche sua e ha 21 anni, ma non so mai se in questo momento vada bene “caricarlo” di queste piccole incombenze, oppure sia meglio lasciarlo tranquillo. Premetto che è abbastanza tempo che abbiamo notato che ha problemi di socializzazione in generale, e che generalmente tende a procrastinare nelle questioni della vita quotidiana. La frase tipo è:” Dopo lo faccio”. Io e suo padre lo incoraggiamo, e lo lodiamo se aiuta o fa cose, ma visto che è un giovane adulto, io personalmente mi trovo un po’ spiazzata ultimamente.
Grazie della risposta e cordiali saluti.