Giorgio  domande di Psicologia e dintorni  |  Inserita il

Lucca

confusione mentale ed emotiva

Salve,
sono un ragazzo di 24 anni e negli ultimi 6 mesi ho avuto una relazione con una ragazza di circa la mia stessa età, che oggi è la mia ex. Lei ha vissuto in passato relazioni tossiche, con eventi anche gravi, che l’hanno profondamente segnata.
La nostra relazione non è iniziata nel migliore dei modi, anche se non sono mancati momenti felici. Litigavamo spesso per motivi futili, legati a silenzi, incomprensioni, permalosità e immaturità. Riconosco che molte di queste problematiche partivano da me. Nonostante ciò, lei tornava sempre, cercando di aggiustare le cose.
A marzo, dopo esserci ufficialmente fidanzati a novembre, una discussione particolarmente intensa ci ha portati alla rottura. Tuttavia, abbiamo poi trasformato questa rottura in una pausa per capire se ci fossero ancora dei sentimenti da entrambe le parti e se io fossi davvero in grado di lavorare su quei comportamenti tossici.
La pausa è durata poco (due giorni), perché le promisi che sarei cambiato. Da quel momento, ho intrapreso un percorso di crescita personale, ho davvero modificato molti aspetti del mio carattere, migliorando me stesso non solo nella relazione, ma anche nella vita in generale.
E infatti, da quel momento, la nostra relazione ha fatto un enorme salto di qualità. i conflitti si erano fatti più rari, motivati e affrontati in modo più maturo e consapevole.
Ed è qui che inizia la parte per cui sto scrivendo.
Qualche giorno fa, precisamente sabato, mi ha scritto chiedendomi di parlarle perché doveva dirmi una cosa importante, chiedendomi di non prenderla male.
Mi ha detto che si sentiva confusa, insoddisfatta della sua vita per vari motivi, tra cui l’università e alcuni obiettivi personali che non riesce a raggiungere, e tutto questo la faceva stare male.
Ha aggiunto che questo disagio interiore si rifletteva anche nella nostra relazione.
Mi ha detto che, pur amandomi tantissimo e sentendosi amata come mai prima, non capiva cosa le stesse succedendo. Diceva:
“Mi fai sentire trattata da Dio, sei perfetto, bellissimo… ma non so cosa mi stia succedendo, mi sento confusa e non capisco cosa provo. Ho paura che questa confusione mi porti a fare cose che non voglio e a farti soffrire.”
Per questo ha preferito chiudere la relazione, specificando che voleva prendersi del tempo per capirsi, ma che non voleva che io l’aspettassi, perché non sa se e quando questa confusione si chiarirà e se i suoi sentimenti resteranno gli stessi.
Con grande dolore ho accettato questa scelta, comprendendo che probabilmente fosse la cosa migliore per lei. Ci siamo salutati con tanto amore e dispiacere.
Dopo qualche ora, però, mi ha scritto di nuovo, usando un nomignolo affettuoso (l’abbreviazione del mio nome) e non più “amore”. Mi ha chiesto come stessi. All’inizio ho mentito, dicendo che stavo bene per non farla sentire peggio, ma poi le ho detto la verità: che stavo male e che non volevo perderla. Lei ha risposto dicendo che stava malissimo, che piangeva da tutto il giorno e che non avrebbe voluto fare quella scelta.
Mi ha detto che le mancavo, che si sentiva uno schifo per avermi ferito, ma che sentiva il bisogno di capirsi e prendersi del tempo. Mi ha detto che forse inizierà un percorso di terapia.
Parlando, ha espresso la paura di non essere in grado di stare in una relazione, pur dicendo che senza di me starebbe comunque male.
Ha detto che mi ama, ma non sa cosa ha, che si sente "uno schifo" per esserci trovati nel suo peggior momento. Mi ha detto che per lei sono perfetto, ma che sente la mente "malata", fuori controllo, e che detesta stare con me mentre prova certi pensieri.

A un certo punto ha riconosciuto, dopo una mia osservazione, che forse è la stabilità stessa a spaventarla, perché non l’ha mai vissuta davvero. Infatti i primi dubbi sono arrivati proprio nel momento in cui la nostra relazione era diventata più solida e serena.
Dopo un po’ mi dice che le piacerebbe continuare a parlare normalmente, ma io decido di non accettare perché penso non avrebbe fatto bene ad entrambi e quindi decidiamo di vederci per salutarci.
Il lunedì successivo ci siamo visti per salutarci di persona.
Mi ha accolto con un abbraccio molto emotivo. Abbiamo parlato e mi ha detto che non riesce a capire cosa sente, che tutto nella sua testa è offuscato.
Dice che quando le parlavo di futuro, lei non riusciva a provare lo stesso entusiasmo, che non si immaginava con me. Diceva che, se prima vedeva un futuro insieme, adesso non vede più nulla. Alla mia domanda “e come ti vedi nel tuo futuro?”, ha risposto “sola”.
E alla mia successiva domanda “e come ti fa sentire questa immagine?” ha risposto “male, triste”.
Mi ha chiesto se è normale, stando in una relazione, sentire il bisogno a volte di voler stare sola. Questo pensiero le veniva in particolare quando passavamo troppo tempo a casa sua. Ho detto che forse era condizionata dalla madre, che una volta si era lamentata perché stavo troppo da loro.
A quel punto ho cercato di farle delle domande per aiutarla a capirsi.
Le ho chiesto come si sentisse in quel momento. Mi ha risposto: “molto triste e confusa”.
Le ho chiesto se ne avesse parlato con qualche amico o con sua sorella. Ha detto di sì, e che le hanno consigliato di fare ciò che pensa sia meglio.
Le ho anche chiesto se sentiva il bisogno di un cambiamento, o se volesse vedere altre persone, oppure se si sentisse bloccata da me. Ma mi ha detto:
“Io ti amo, so che non mi faresti mai sentire in gabbia, ma non posso stare con te. Non mi immagino con nessun altro, ma più che voler stare sola… mi sento confusa. E poi devo andare un mese in una nazione, sei mesi per studiare in un’altra, poi un altro mese con la mia famiglia altrove… e allora penso: tu dove sei in tutto questo?”
Visto che aveva detto che quando stavamo troppo tempo insieme a casa sua le veniva da pensare di volere stare sola e magari distrarsi con il pc, le ho chiesto: “quando sei fuori con gli amici, e sei felice, ti capita di pensarmi e di desiderare che io sia lì con te?”.
Mi ha risposto: “sì, ti pensavo e ti volevo con me”.
Le ho anche chiesto: “se non ci fossimo mai conosciuti, e ci incontrassimo oggi, pensi che ti innamoreresti di nuovo di me?”
Dopo un attimo di riflessione ha detto: “sì, sento di sì”.
Infine, le ho chiesto: “se riuscissi a capire davvero cosa ti blocca o ti manca, pensi che potresti tornare con me?”
Ha risposto: “sì, se riesco a capire e risolvere”.
Durante tutto il tempo continuava ad abbracciarmi, mi accarezzava la testa, mi teneva la mano. Anche quando la toccavo io, non si ritraeva, anzi: lasciava che le accarezzassi le mani, le cosce, il viso, i capelli — anche se ha la dermatite e di solito non vuole che la tocchi per non peggiorare il prurito. Stavolta ha detto: “adesso non mi dà fastidio”.
Le ho detto che per me la distanza non è un problema: avrei preso dei voli ogni mese per stare insieme una settimana o due.
Le ho anche detto che è normale, a volte, avere bisogno di stare soli. Anche a me succede, che io a volte preferisco stare solo e che è perfettamente normale non voler stare insieme 24 ore su 24.

Ho provato a spiegarle che secondo me quei pensieri che la tormentano sono probabilmente residui del suo passato, delle relazioni tossiche vissute, e che ora li proietta su un presente che invece è sano perché nella realtà non mi ha fatto sentire poco amato o non apprezzato, anzi, era presente, mi chiamava, mi scriveva spesso, quando eravamo fuori insieme, anche per tante ore non sentiva l’urgenza di non voler stare con me ed io mi sentivo amato come non mai.
L’ho riaccompagnata a casa. Ci siamo salutati, mi dà un bacio intenso, ed entrata in casa piangendo.
Dopo, abbiamo provato a sentirci, ma i messaggi erano strani, freddi, e ci facevano stare peggio.

Così ieri, martedì, abbiamo deciso di prenderci una pausa dal sentirci per almeno un mese. Le ho detto che per lei ci sarò sempre, e che mi farebbe piacere sapere se inizierà un percorso terapeutico. Lei ha detto che me lo farà sapere, che anche per lei fa male scrivermi, e che le fa piacere sapere che ci sono, che mi sente vicino.
Prima di salutarla, le ho scritto forse sbagliando un “ti amo”. Lei ha risposto allo stesso modo, ma poi ha cancellato il messaggio, dicendo che le era venuto di scriverlo, ma che si sentiva incoerente perché quello che sente non lo capisce e la fa dubitare.
Per avere chiarezza, le ho chiesto se per lei si trattasse di una pausa per capirsi o di una chiusura definitiva. Lei ha risposto:
“Mi vorrei capire, ma non viverla in questo modo. Non voglio che mi aspetti, perché non capisco quello che sento”.
Io voglio rispettare i suoi tempi e il suo bisogno di spazio.
Ma dentro di me sto molto male.
Faccio fatica a capire se devo lasciarla andare per davvero o se questa è solo una fase di smarrimento, perché quando tutto andava male continuava a voler riparare, e quando siamo tornati dalla prima pausa dove poi tutto andava bene è dove ha avuto i primi dubbi.
o se è soltanto una naturale fase di una relazione che lei ha frainteso e vive male.
Non so se dovrei accettare che è finita. Ho paura che non affrontando un percorso terapeutico lei possa allontanarsi sempre di più da sé stessa e da noi.
Non so se ha senso continuare a sperare in un ritorno, oppure se sarebbe più sano per me lavorare su un distacco più netto.
E ho anche paura che, con il tempo e la distanza, lei possa pensare di non provare più nulla per me, o addirittura trovare qualcun altro.
Vorrei sapere se quanto sta vivendo potrebbe essere collegato a traumi passati non risolti, e se è possibile che con il tempo e magari con un aiuto terapeutico lei possa riconnettersi con ciò che prova.
E soprattutto: ha senso sperare e rimanere aperto, oppure è più giusto cominciare a lasciarla andare?
Vorrei sapere pure se è giusta la scelta di non parlarsi per un mese o più o era più corretto continuare a parlarsi per cercare di non perdersi completamente.

  1 Risposte pubblicate per questa domanda

Dott. Francesco Isotti Inserita il 07/05/2025 - 12:26

Ronco Briantino
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Gentile Giorgio,

le sue parole trasmettono una profonda sensibilità e un forte desiderio di comprendere quanto accaduto, non solo nella relazione ma anche dentro di sé. La disponibilità che ha mostrato nel mettersi in discussione e nel crescere è un aspetto prezioso, così come l’attenzione con cui ha cercato di affrontare questo momento doloroso.

Può accadere, soprattutto in persone che hanno vissuto esperienze relazionali difficili, che proprio nei momenti di maggiore stabilità emergano dubbi, paure o confusione. La solidità del legame può attivare vissuti ambivalenti, proprio perché entra in contrasto con modelli relazionali precedenti, meno sicuri o più disorganizzati.

Dal punto di vista psicologico, sembra che la sua ex compagna stia attraversando una fase in cui fatica a comprendere con chiarezza ciò che prova. Le emozioni — l’amore, la tristezza, il bisogno di allontanarsi, la paura di farle del male — sono intense e in conflitto tra loro, e questo rende difficile orientarsi. In queste situazioni è frequente oscillare tra il desiderio di vicinanza e la paura dell’intimità, tra il sentire qualcosa e il dubitarne subito dopo.

Anche il suo bisogno di capire e di restare vicino a lei è del tutto comprensibile. Ma è importante che possa ascoltare anche se stesso: come sta, oggi, in questa relazione che sembra ruotare attorno alla sofferenza e alla confusione dell’altro? Quanto spazio c’è per i suoi bisogni emotivi?

Il tempo di pausa che vi siete dati può essere utile, a condizione che diventi per lei un’occasione attiva: un tempo per riflettere su cosa la lega a questa relazione, su quali immagini e aspettative porta con sé, e su come si sente quando l’altro si ritrae.

È possibile che la sua ex compagna abbia bisogno di un percorso personale per chiarire e integrare ciò che sta vivendo, ma non è detto che questo la porterà a riavvicinarsi. Forse, più che chiedersi se ha senso sperare, potrebbe chiedersi se questa speranza, oggi, la sostiene o la trattiene.

Le auguro di riuscire a prendersi cura di sé con la stessa sensibilità e dedizione che ha mostrato verso di lei! Se dovesse sentire il bisogno di uno spazio più protetto per esplorare questi vissuti, un percorso psicologico potrebbe offrirle un valido sostegno.