Cara Alessandra,
intanto la ringrazio per questa condivisione. Le sue parole raccontano un momento di grande smarrimento, che coinvolge diversi ambiti della sua vita: il lavoro, la salute, le relazioni, il senso di sé. Ognuno di questi aspetti merita attenzione e ascolto, e il fatto che lei si sia posta delle domande, per quanto dolorose, è già un segnale importante.
Leggendo quanto ha scritto, mi sono chiesta se questo stato di apatia e solitudine sia qualcosa che sente da sempre, o se sia emerso in altri periodi della sua vita, oppure negli ultimi mesi, dopo la chiusura dell’esperienza lavorativa. Il vissuto è legittimo in ciascun caso, ma mi sembra una domanda interessante da cui partire.
Riguardo alla circostanza attuale, la perdita del lavoro può avere un forte impatto sull’identità personale perché se è vero che non siamo il nostro lavoro, è anche vero che il lavoro spesso deriva da una scelta di vita personale e occupa gran parte delle nostre energie e del nostro tempo. Questa situazione sta aprendo in lei una riflessione profonda sul senso della sua vita, assolutamente sana e che merita di essere ascoltata.
Scrive di non avere passioni, ma parla del “sogno del giornalismo”. In certo momento della sua vita, quindi, qualcosa l’ha animata. Potremmo riflettere su quando e perché ha iniziato a sentire che non le interessava più nulla. E’ possibile che adesso le venga difficile credere che qualcosa possa entusiasmarla di nuovo, ma l’interesse, a volte, non arriva da solo: può nascere se ci si apre, anche solo un po’, alla possibilità di sperimentare, senza dover già sapere se ci piacerà o meno.
Quando scrive, parla anche del suo bisogno di relazione: vorrebbe avere amicizie più appaganti, vorrebbe un ragazzo, ma si sente bloccata per mancanza di occasioni e forse anche per insicurezza su cosa dire o come essere. Un desiderio di connessione con gli altri e intimità è presente e, anche questo, lascia aperte delle possibilità. Il rapporto con sua madre, che definisce come "la persona che riempie la sua vita", è centrale e rassicurante, ma anche fonte di ansia per il futuro: il pensiero di perderla la fa sentire ancora più sola e impreparata. Ciò è comprensibile, molte persone si sentono così, quando sentono di non avere relazioni solide intorno a sé. Forse qui ci si può chiedere: è possibile iniziare a costruire, gradualmente, uno spazio tutto suo, autonomo, in cui coltivare un piccolo interesse e, magari, conoscenze?
Infine, ha nominato la sua preoccupazione per la salute e il rapporto con il corpo. Scrive che sta bene, ma che ogni sintomo le fa temere gravi malattie. Questo tipo di preoccupazione può diventare molto invasivo, soprattutto se si passa tanto tempo a osservarsi: questo può rafforzare la sensazione che ci sia qualcosa che non va, anche quando non c’è un reale problema. Quando si vive un periodo di incertezza, senza punti fermi, può capitare che ci si concentri su aspetti più immediati, come il corpo, i sintomi, l’aspetto. Non c’è nulla di “sbagliato” in questo: a volte è il modo che troviamo per cercare rassicurazioni, o per avere un punto di controllo in un momento che ci appare confuso. Può essere utile provare a osservarsi con gentilezza: cosa succede dentro di lei quando sente il bisogno di controllarsi allo specchio, o quando si preoccupa per un sintomo? Non per giudicarsi, ma per iniziare a conoscersi meglio e capire come sta. Anche queste sono porte che, se si desidera, possono essere aperte insieme in uno spazio di ascolto.
Tutti questi aspetti meritano uno spazio di cura. Non esistono risposte immediate o soluzioni semplici, ma il fatto che abbia deciso di scrivere e raccontarsi è già un primo passo importante. Potrebbe essere utile iniziare un percorso psicologico per esplorare queste esperienze con uno sguardo gentile e per provare, insieme a qualcuno, a immaginare una strada possibile.
La ringurazio ancora per essersi raccontata con sincerità e per aver condiviso questi pensieri. Se desidera approfondire, rimango a disposizione.
Un saluto,
Dott.ssa Natasha Mascheretti