Alessandra  domande di Psicologia e dintorni  |  Inserita il

Genova

Triste e sola, senza interessi. Cosa fare?

Buongiorno, sono una donna di quasi 39 anni senza lavoro che vive con la madre vedova. A gennaio 2025 mi sono licenziata dal giornale con cui collaboravo perché non potevo più continuare a sostenere la relazione con il mio caporedattore. Lui mi faceva notare che non prendevo nessuna iniziativa cioè non mi davo da fare a cercare le notizie. In effetti era così, riuscivo a scrivere articoli solo se mi suggeriva lui il tema ma io di mio non ero interessata a nulla e per questo non riuscivo a costruire contatti. Il sogno del giornalismo è così svanito e ora mi ritrovo con una laurea in giurisprudenza e non so cosa fare. Non ho nessuna passione, ho solo due amici che vedo e sento poco. La mia vita è stare in casa tra letto e divano. Vorrei un ragazzo ma non ho occasioni per conoscere gente, vorrei costruire relazioni ma non ho nessun interesse e non so mai cosa dire. Inoltre ho il terrore di rimanere sola quando morirà mia madre: mi chiedo come farò emotivamente a sopravvivere dato che lei riempie la mia vita. Sono sola e apatica, senza un progetto di vita. Ciò che mi interessa è solamente la mia salute, verso la quale pur stando bene nutro una preoccupazione ossessiva. Appena mi viene qualcosa mi immagino di avere chissà quale malattia. In più, avendo una lunga storia passata di acne, ancora adesso passo le giornate davanti allo specchio in attesa che un brufolo sparisca. Come uscirne?

  3 Risposte pubblicate per questa domanda

Dott.ssa Italia Chiariello Inserita il 11/05/2025 - 21:18

Napoli
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Buonasera , non è facile a 39 anni mettere in discussione tutto ciò che si è costruito, tutto cio' che si sente di essere ,e comprendo come questa scelta possa portare disorientamento , preoccupazione e paura. Ha fatto bene a cercare un aiuto esterno che certamente potrà accompagnarla e sostenerla in questa fase di passaggio verso l'autenticità , verso uno stato di maggiore consapevolezza, verso un essere e un sentire più uguale a sè. Non sappiamo ,quando cominciamo un cammino, quanto tempo ci vorrà ,ma possiamo considerare la via come una meta progressiva di maggiore conoscenza e capacità di fronteggare gli eventi. A volte quando si è in questi periodi iniziali confusi, si pensa di non avere risorse .Scoprirà nel cammino che laddove c'è una storia di problemi c'è parimenti una storia di risorse che le hanno permesso di sopravvivere nonostante tutto. Bisogna dunque svelarle.
Buon cammino !

Dott.ssa Natasha Mascheretti Inserita il 15/05/2025 - 10:43

Cara Alessandra,
intanto la ringrazio per questa condivisione. Le sue parole raccontano un momento di grande smarrimento, che coinvolge diversi ambiti della sua vita: il lavoro, la salute, le relazioni, il senso di sé. Ognuno di questi aspetti merita attenzione e ascolto, e il fatto che lei si sia posta delle domande, per quanto dolorose, è già un segnale importante.
Leggendo quanto ha scritto, mi sono chiesta se questo stato di apatia e solitudine sia qualcosa che sente da sempre, o se sia emerso in altri periodi della sua vita, oppure negli ultimi mesi, dopo la chiusura dell’esperienza lavorativa. Il vissuto è legittimo in ciascun caso, ma mi sembra una domanda interessante da cui partire.
Riguardo alla circostanza attuale, la perdita del lavoro può avere un forte impatto sull’identità personale perché se è vero che non siamo il nostro lavoro, è anche vero che il lavoro spesso deriva da una scelta di vita personale e occupa gran parte delle nostre energie e del nostro tempo. Questa situazione sta aprendo in lei una riflessione profonda sul senso della sua vita, assolutamente sana e che merita di essere ascoltata.
Scrive di non avere passioni, ma parla del “sogno del giornalismo”. In certo momento della sua vita, quindi, qualcosa l’ha animata. Potremmo riflettere su quando e perché ha iniziato a sentire che non le interessava più nulla. E’ possibile che adesso le venga difficile credere che qualcosa possa entusiasmarla di nuovo, ma l’interesse, a volte, non arriva da solo: può nascere se ci si apre, anche solo un po’, alla possibilità di sperimentare, senza dover già sapere se ci piacerà o meno.
Quando scrive, parla anche del suo bisogno di relazione: vorrebbe avere amicizie più appaganti, vorrebbe un ragazzo, ma si sente bloccata per mancanza di occasioni e forse anche per insicurezza su cosa dire o come essere. Un desiderio di connessione con gli altri e intimità è presente e, anche questo, lascia aperte delle possibilità. Il rapporto con sua madre, che definisce come "la persona che riempie la sua vita", è centrale e rassicurante, ma anche fonte di ansia per il futuro: il pensiero di perderla la fa sentire ancora più sola e impreparata. Ciò è comprensibile, molte persone si sentono così, quando sentono di non avere relazioni solide intorno a sé. Forse qui ci si può chiedere: è possibile iniziare a costruire, gradualmente, uno spazio tutto suo, autonomo, in cui coltivare un piccolo interesse e, magari, conoscenze?
Infine, ha nominato la sua preoccupazione per la salute e il rapporto con il corpo. Scrive che sta bene, ma che ogni sintomo le fa temere gravi malattie. Questo tipo di preoccupazione può diventare molto invasivo, soprattutto se si passa tanto tempo a osservarsi: questo può rafforzare la sensazione che ci sia qualcosa che non va, anche quando non c’è un reale problema. Quando si vive un periodo di incertezza, senza punti fermi, può capitare che ci si concentri su aspetti più immediati, come il corpo, i sintomi, l’aspetto. Non c’è nulla di “sbagliato” in questo: a volte è il modo che troviamo per cercare rassicurazioni, o per avere un punto di controllo in un momento che ci appare confuso. Può essere utile provare a osservarsi con gentilezza: cosa succede dentro di lei quando sente il bisogno di controllarsi allo specchio, o quando si preoccupa per un sintomo? Non per giudicarsi, ma per iniziare a conoscersi meglio e capire come sta. Anche queste sono porte che, se si desidera, possono essere aperte insieme in uno spazio di ascolto.

Tutti questi aspetti meritano uno spazio di cura. Non esistono risposte immediate o soluzioni semplici, ma il fatto che abbia deciso di scrivere e raccontarsi è già un primo passo importante. Potrebbe essere utile iniziare un percorso psicologico per esplorare queste esperienze con uno sguardo gentile e per provare, insieme a qualcuno, a immaginare una strada possibile.

La ringurazio ancora per essersi raccontata con sincerità e per aver condiviso questi pensieri. Se desidera approfondire, rimango a disposizione.
Un saluto,
Dott.ssa Natasha Mascheretti

Dott. Mattia Grisi Inserita il 11/05/2025 - 12:02

Buongiorno sig.ra Alessandra,
grazie per aver condiviso così apertamente quello che sta vivendo. Le sue parole raccontano una condizione di sofferenza profonda, fatta di solitudine, paure e una percezione dolorosa del proprio valore e delle proprie possibilità. Ciò che descrive — scarsa iniziativa, parziale ritiro sociale, paura della solitudine e preoccupazione per la salute — è spesso associato ad un quadro depressivo, magari accompagnato da tratti ansiosi; ma non basta certo un sms per aver chiaro in maniera puntuale quello che sta vivendo; e sarebbe irrispettoso esprimerMi in tal senso.
Lasciamo stare le etichette cliniche... emerge una domanda forte e urgente: come ritrovare un senso nella propria vita e contrastare questo malessere? Domanda a cui non si può rispondere per messaggio, e privi di una conoscenza più approfondita.
In tale sede, mi limito a proporle alcune riflessioni (senza pretendere di essere asaustivo):
1. Riconoscere ed accogliere il punto in cui si trova senza giudizio e senza attribuirsi la colpa. Non è pigrizia, né mancanza di volontà. Il corpo e la mente reagiscono a un dolore emotivo che si è probabilmente accumulato negli anni. Non si guarisce “decidendo di stare meglio”, ma inizia tutto dal prendersi sul serio.

2. Iniziare un percorso psicologico, magari con un professionista nelle sue zone, o attraverso la modalità online se lo ritiene più comodo in questo momento. Non sei tenuta ad affrontare tutto da sola.

3. Intervenire sui piccoli automatismi quotidiani. Anche se oggi le sembra tutto troppo faticoso, provare a strutturare piccoli gesti può lentamente ricostruire un senso di padronanza.
Tipici esempi (decontestualizzati) sono: Alzarsi a un’ora fissa e vestirsi come se si dovesse uscire. Camminare 15–20 minuti al mattino e al pomeriggio (l'attività fisica lieve è molto importante). Tenere un diario dove ogni giorno si annota anche solo una cosa fatta (o pensata).

4. Riflettere sugli eventuali significati più profondi legati alla sua paura (potrebbe farlo con il terapeuta da lei individuato).

Riflettere meglio sui concetti di passione ed interessi. Oggi le sembra di non avere passioni o interessi, ma spesso questo succede perché si vive in un sistema interiore che non lascia spazio al desiderio, per paura del fallimento, del giudizio o dell’abbandono. La passione non sempre è un fuoco che scoppia da solo, ma qualcosa che può nascere nel silenzio, nel fare anche cose piccole senza aspettarsi grandi rivelazioni.
Riflettere sulle possibilità che le offre "in più" una laurea in giurisprudenza, ma non dimenticare che nella vita noi siamo più di una laurea. Si possono scegliere e prendere strade diverse, senza per questo essere meno realizzati o appagati. La storia ci offre migliaia di esempi di persone che si sono reinventate, seguendo passioni inaspettate o semplicemente seguendo strade diverse da quelle prese in sede accademica.

Nella speranza di averle dato alcuni buoni spunti di riflessioni.
Un saluto
MG