Il “brutto male”: le emozioni del malato di cancro

Pubblicato il   / Ansia e Depressione
Il “brutto male”: le emozioni del malato di cancro

Il “brutto male”

Nonostante i progressi compiuti dalla medicina, il cancro ancora oggi suscita una grande paura. In passato veniva definito “il brutto male”, a sottolineare quanto il nome stesso di questa malattia fosse indicibile. Oggi i termini “cancro” o “tumore” sono maggiormente “nominabili”, ma tuttora evocano un grande timore della morte, sebbene spesso dal cancro si possa guarire. Del resto, nella nostra società, caratterizzata da valori quali la bellezza, la giovinezza e la salute a tutti i costi, la morte è un “tabù”. Fingiamo con noi stessi che vivremo per sempre, sani, belli, forti.

La diagnosi di tumore

Così, quando la diagnosi di cancro tocca concretamente la persona, vi è una reazione di incredulità, un vero e proprio shock che mina l’equilibrio non solo del paziente, ma anche dell’intera famiglia. “Com’è possibile che questo stia succedendo realmente a me?”, “Mi è crollato il mondo addosso”, “Perché è capitato proprio a me?”: questi sono i pensieri che accompagnano il paziente dopo la comunicazione di avere il cancro.

Il paziente che riceve la diagnosi di tumore sperimenta dei vissuti di forte angoscia. Il pericolo che incombe riguarda innanzitutto la minaccia alla propria vita: la paura di morire spesso persiste anche quando i medici forniscono informazioni più realistiche riguardo alle possibilità di guarigione.

malati-cancroInoltre, il paziente vive la minaccia relativa alla propria integrità fisica: teme l’invalidità, la mutilazione, il dolore. Tale paura è particolarmente presente quando si rende necessario un intervento chirurgico radicale, per esempio l’asportazione del seno, della prostata, dell’utero, della laringe. Oltre ai danni estetici, possono permanere delle menomazioni che influiranno per sempre sulla qualità di vita del paziente. Anche il dolore è molto temuto: la paura di confrontarsi con la sofferenza fisica e con un dolore cui magari i farmaci analgesici non possono più di tanto.

Il cambiamento del corpo causato dai trattamenti può diventare uno stigma sociale: la perdita dei capelli conseguente a certi tipi di chemioterapia, per esempio, rende riconoscibile la malattia a tutti. E spesso i pazienti vogliono tenere all’oscuro le altre persone che sono malati di cancro, in quanto vivono questa malattia come una vergogna, una colpa, una ferita alla propria identità. Questo può portare il paziente ad un isolamento sociale, proprio nel momento in cui piùi avrebbe bisogno del sostegno e dell’aiuto degli altri.

Del resto, il malato oncologico teme anche le conseguenze sociali del cancro che, come tutte le patologie gravi e di lunga durata, è responsabile di modificazioni del ruolo sociale, familiare e professionale. La perdita di autonomia e del controllo su di sé e sull’ambiente circostante è percepita come una delle conseguenze più angoscianti del cancro. Il timore di perdere il lavoro e del ruolo familiare portano il malato a sentirsi inutile e a temere per il proprio futuro e per quello della propria famiglia, soprattutto se il paziente è colui su cui si fonda il sostegno economico del nucleo familiare.

Ansia e depressione

Il senso di impotenza, la frustrazione, i cambiamenti che la malattia comporta possono rendere difficoltoso il controllo delle proprie emozioni e, spesso, portare allo sviluppo di veri e propri disturbi psichiatrici, come l’ansia o la depressione.

E’ importante dunque, sia per il paziente che per i familiari, riconoscere le prime avvisaglie di questi disturbi, che se subito trattati possono non ricadere troppo pesantemente sul già difficile percorso della malattia oncologica.

L’impatto psicologico della malattia oncologica è uguale per tutte le persone?

Certamente no, la reazione psicologica varia in funzione di diversi elementi. Innanzitutto varia a seconda del tipo di tumore e della fase (gravità) della malattia, della personalità del paziente, dall’età e dal momento storico-evolutivo della vita (immaginiamo una giovane mamma che ha dei bambini piccoli, un uomo che ha appena ottenuto un avanzamento di carriera, un ragazzo iscritto all’università…), delle condizioni psicosociali e culturali nelle quali tali elementi evolvono.

Lo psicologo e il malato di cancro

Il cancro, dunque, apre una vera e propria crisi nella vita della persona, crisi intesa come evento di vita che richiede di reagire mettendo in campo delle risorse psicologiche che non sempre sa trovare dentro di sé. In questi casi, l’aiuto dello psicologo può risultare prezioso e fondamentale per trovare un adattamento alla malattia. Oggigiorno, fortunatamente, in quasi tutti i centri ospedalieri che hanno reparti oncologici, è presente uno psicologo adeguatamente formato a trattare queste problematiche..

L’intervento psicologico si propone di aiutare il paziente e i suoi familiari a gestire lo stress che necessariamente è associato ai vari momenti dell’iter terapeutico, di mantenere e/o ristabilire la qualità di vita antecedente la diagnosi, di attenuare l’ansia e la depressione, di aiutare il paziente a trovare un senso a ciò che sta vivendo e soprattutto di aiutarlo ad attivare tutte le risorse psichiche per far fronte alla malattia e ai trattamenti, di aiutare la famiglia da integrare la malattia nella propria organizzazione quotidiana, di sviluppare modalità più funzionali e positive per affrontare la malattia.

In alcuni casi l’approccio psicologico può richiedere un intervento integrato con l’ausilio della psicofarmacologia.