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L'attacco di panico: di cosa parliamo e qual è la sua origine?

Pubblicato il   / Ansia e Depressione
attacco di panico

Gli attacchi di panico o il disturbo di panico nel DSM V (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 2013) rientrano nella categoria dei disturbi di ansia.

Il disturbo ha un’incidenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini ed esordisce indicativamente in tarda adolescenza o nell’età adulta.

Di seguito elencherò i sintomi del panico facendo riferimento al DSM V (APA, 2013).

Un attacco di panico si presenta come un periodo preciso di intensa paura o disagio, durante il quale quattro o più dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente e hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti:

  • palpitazioni, tachicardia
  • sudorazione
  • tremori fine o a grandi scosse
  • dispnea o sensazioni di soffocamento
  • asfissia (mancanza d’aria)
  • dolore o fastidio al petto
  • nausea o disturbi addominali
  • sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento
  • derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione ( essere distaccati da sé)
  • paura di perdere il controllo o impazzire
  • paura di morire
  • parestesie ( torpore o formicolio)
  • brividi o vampate di calore


Per la diagnosi del disturbo di panico devono essere presenti entrambi i seguenti criteri diagnostici (APA, 2013):

  • attacchi di panico ricorrenti
  • almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di uno (o più) dei seguenti sintomi:
  • preoccupazione persistente di avere altri attacchi
  • preoccupazione per le implicazioni dell’attacco o delle sue conseguenze (perdere il controllo, impazzire, avere un attacco cardiaco)


Spesso accade che chi ha un attacco di panico vada al pronto soccorso pensando di avere un infarto o qualche malattia che metta in pericolo la sua vita. Ci sono tantissimi accessi al pronto soccorso con una diagnosi ambivalente.

Conseguenza dell’attacco di panico è la paura della paura che porta la persona all’ evitamento di luoghi, persone, situazioni per la paura di un altro attacco arrivando a volte a soffrire di una vera patologia che è l’agorafobia.

L’attacco di panico si differenzia dall’ansia in quanto quest’ultima si presenta come una forte preoccupazione (direi eccessiva) relativa ad un “pericolo” o minaccia futura e anche se i sintomi possono essere simili a quelli del panico, l’intensità è minore. Inoltre l’ansia può persistere per giorni e ore mentre il panico è immediato e improvviso.

Questo è un inquadramento generale per aiutarvi a capire di cosa stiamo parlando e facilitarvi, qualora vi capitasse , a rintracciare qualche sintomo a cui avete bisogno di dare un nome.

Proviamo ad andare oltre perché è sicuramente utile capire l’origine di quello che sta succedendo….cosa c’è dietro l’attacco di panico?

Partiamo dalla sua etimologia: la parola “panico” deriva dalla mitologia greca del “Dio Pan”, metà uomo e metà capra che compariva all’improvviso sul cammino delle persone suscitando terrore e scomparendo subito dopo. Le persone sorprese da ciò che stava succedendo, non sapevano spiegarsi cosa fosse successo e non erano in grado di gestire la forte emozione negativa che sentivano.

Quindi parliamo di persone che all’improvviso vengono assalite da qualcosa di sconosciuto che fa paura e che nasce dentro di loro.

Si sentono smarrite e inizialmente non sanno cosa fare o come affrontare la situazione.

Si sentono sole perché gli altri non sempre capiscono cosa sta accadendo loro.

Quando gli attacchi di panico diventano così frequenti da diventare un vero e proprio disturbo, è possibile una compromissione delle normali attività quotidiane come guidare la macchina, lavorare, fare sport, uscire con gli amici.

Come accennavo sopra è importante scoprire da dove nasce questo sintomo perché alla base dell’ attacco di panico il più delle volte c’è il dubbio sulla capacità di stare in piedi da soli.

Cosa vuol dire questo?

L’esordio dell’attacco di panico nella tarda adolescenza può aver a che fare con uno dei grandi processi a cui l’essere umano è soggetto e che, molto spesso, durano tutta la vita: la separazione dalla famiglia d’origine e l’individuazione cioè la capacità di essere consapevoli e fare forza sulle proprie capacità individuali. Non sempre questo passaggio è semplice perché a volte è contraddistinto dalla paura di crescere, dal disorientamento e dai conflitti con la propria famiglia di origine (latenti o manifesti) che non fanno sì che questo passaggio venga fatto totalmente o venga vissuto con serenità da entrambe le parti ( la famiglia che “lascia andare” e il figlio che si sente sostenuto in questo “nuovo viaggio”).

L’attacco può verificarsi anche in altri momenti della nostra vita che possono essere spiegati come conseguenza di lutti significativi, perdita del lavoro, divorzi e altri momenti legati a sofferenze personali che possono, come sottolineavo in precedenza, creare un dubbio sulla possibilità di farcela da soli.

Ritengo per la mia esperienza professionale e per gli studi fatti che sia necessaria una psicoterapia accompagnata ad un trattamento farmacologico (varia da persona a persona) quando c’è una forte compromissione delle normali attività quotidiane.

Personalmente con i miei pazienti lavoro sulla stabilizzazione del sintomo cercando inizialmente di creare un clima di accoglienza, fiducia e ascolto attivo della storia del paziente che possa contribuire ad abbassare l’ansia. In un secondo momento contestualizziamo insieme l’attacco e proviamo a dare un significato che possa essere utile al paziente per rimettere insieme i pezzi del puzzle che in quel determinato momento di vita si erano persi.

Fonti:

  • DSM-5 - Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali