Neuroscienze e psicoterapia: un nuovo sguardo sull'inconscio e l'attaccamento

Esplorando il ruolo dell'amigdala e dell'ippocampo nella formazione della psiche

Pubblicato il   / Psicologia e dintorni
Inconscio e attaccamento


Il concetto di "inconscio" occupa un posto intrigante nel linguaggio comune, spesso invocato per spiegare una gamma di fenomeni psicologici e comportamentali. Nonostante la sua popolarità, il termine può essere soggetto a interpretazioni errate o eccessivamente fantasiose, soprattutto quando viene discusso al di fuori degli ambienti accademici o professionali.

Questa diffusione ha portato a una sorta di mitizzazione dell'inconscio, attribuendogli caratteristiche e poteri che si allontanano dalla sua concezione scientifica. 

Inizialmente formulato da Sigmund Freud come un luogo di desideri repressi e impulsi, il concetto di inconscio ha subìto significative trasformazioni nel corso dei decenni. Carl Jung espandeva questa idea introducendo il concetto di inconscio collettivo. Oggi, la comprensione moderna dell'inconscio si è evoluta andando oltre queste origini, concentrando l'attenzione sui processi cognitivi e affettivi.

In questo contesto, diventa essenziale esplorare e chiarire la natura dell'inconscio, non come un'entità misteriosa o onnipotente, ma come un aspetto fondamentale della psiche umana, radicato in processi cognitivi e affettivi ben definiti. L'approccio moderno alla comprensione dell'inconscio, come illustrato nel lavoro di Mauro Mancia, offre una prospettiva rinnovata, collegando le scoperte delle neuroscienze con la psicologia del profondo. Questa visione non solo arricchisce la nostra comprensione dell'inconscio, ma apre anche nuove strade per la terapia psicologica e l'auto-comprensione.

Mauro Mancia, nel suo libro "Psicoanalisi e neuroscienze", introduce e sviluppa il concetto di "inconscio precoce non rimosso" e lo collega alla differente velocità con cui, nei primi anni di vita di un essere umano, giungono a maturazione funzionale due distinte aree del cervello: l'amigdala e l'ippocampo. 

L'amigdala e l'ippocampo sono due strutture fondamentali del cervello umano. L'amigdala, situata profondamente nel lobo temporale, è cruciale per l'elaborazione delle emozioni, in particolare la paura e l'ansia. Agisce come un allarme, attivandosi in risposta a stimoli emotivamente significativi e contribuendo a formare ricordi emotivi.

L'ippocampo, anch'esso situato nel lobo temporale, svolge un ruolo fondamentale nella formazione di nuovi ricordi e nell'orientamento spaziale. È essenziale per trasformare le esperienze a breve termine in ricordi a lungo termine stabili. Entrambe queste strutture sono cruciali per comprendere come il cervello processa e memorizza le informazioni, influenzando la nostra capacità di apprendere e di reagire emotivamente al mondo che ci circonda.

L'amigdala, pronta a funzionare attivamente già prima della nostra nascita, registra le emozioni fin dai primi giorni di vita, mentre l'ippocampo raggiunge la maturità funzionale attorno ai 2 anni. Di conseguenza, molte delle nostre memorie precoci sono puramente emotivo-procedurali e rimangono nascoste alla coscienza, non perché represse o rimosse, ma perché non sono mai state coscienti.

Queste scoperte suggeriscono che “l'inconscio” non è solo un deposito di desideri e pulsioni, ma anche un archivio di ricordi relazionali e affettivi che forma la base della nostra identità. Da questa prospettiva, ci si offre una nuova lente attraverso cui osservare la teoria dell'attaccamento. La teoria dell'attaccamento, formulata da John Bowlby, sostiene che i legami che stabiliamo nei primi anni di vita hanno un impatto significativo sul nostro sviluppo emotivo e psicologico. Queste relazioni iniziali formano un "modello operativo interno", che guida le nostre interazioni future e la nostra capacità di formare legami affettivi.

Collegando questa teoria con l'inconscio non rimosso, possiamo immaginare “l’inconscio non rimosso” come un rigoglioso giardino interiore, colmo di ricordi impliciti: è il luogo dove l'attaccamento germoglia, dove le prime interazioni con le figure di riferimento lasciano impronte profonde che influenzeranno i nostri processi mentali e la dinamica delle nostre relazioni future.

Come piante che crescono modellate dal vento e dal clima, così il nostro stile di attaccamento si modella attorno a queste memorie implicite, tessendo le radici di ciò che in seguito si manifesta come il nostro modo di rappresentarci noi stessi, gli altri e di formare connessioni relazionali con l’ambiente che ci circonda. Le neuroscienze supportano questa connessione dimostrando come le esperienze di attaccamento modellino il cervello dei bambini, influenzando la struttura e la funzione delle aree legate all'emozione e alla memoria. Nel contesto della psicopatologia, queste memorie divenute radici possono a volte intrecciarsi in schemi che distorcono e complicano le nostre esperienze soggettive, sfociando in disturbi emotivi o comportamentali.

La psicoterapia, si configura come un percorso di esplorazione e comprensione condivisa. Il terapeuta non assume il ruolo di un giardiniere che pota o rimodella, ma quello di un accompagnatore che facilita il riordino del giardino interiore in maniera rispettosa e collaborativa, permettendo al cliente di riscoprire e ristrutturare le proprie memorie emotive in un quadro più articolato, integrato e funzionale.

In conclusione, l'inconscio non rimosso e la teoria dell'attaccamento ci forniscono preziosi strumenti per decifrare la complessità delle nostre radici emotive e comportamentali. La psicoterapia integrata, tenendo conto di queste componenti, si avvale di un dialogo costruttivista per promuovere un cambiamento autentico e personale, rispettando il giardino unico che ogni individuo coltiva dentro di sé.

 

 

Bibliografia:

  • Mancia, M. (2006). Psicoanalisi e neuroscienze. Milano: Springer.
  • Schore, A. N. (2001). Effects of a secure attachment relationship on right brain development, affect regulation, and infant mental health. Infant Mental Health Journal, 22(1‐2), 7-66.
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  • Silvers, J. A.,(2016). Previous Institutionalization Is Followed by Broader Amygdala-Hippocampal-PFC Network Connectivity during Aversive Learning in Human Development. Journal of Neuroscience, 36(24), 6420–6430.