In questo modesto lavoro voglio dare delle suggestioni che possano motivare ad una discussione tendente ad espandere il significato di una narrazione mitologica che può nascere nella relazione psicoanalitica. Non cercherò di dare suggestioni interpretative, ma di proporre, di contribuire a creare un clima che favorisca le associazioni libere di idee di gruppo. Un mito che entra nel coprire come un manto il campo in cui è immersa la seduta è una coperta interattiva che predispone alla incubazione di una gran varietà di simboli che, evidenziati col lavoro analitico permettono di creare quel senso che genera fiducia pregnante nel paziente.
Quando il paziente si sente nel caldo della coperta di cashmere del mito allora si ha l’impressione di lavorare sul serio. Il prendersi cura dell’analista nei confronti del paziente diviene, nel dispiegarsi del mito, un prendersi cura della intera società del paziente e dell’analista insieme … Col mito che impregna il campo col suo odore sociale si genera una relazione vivibile negli aspetti più profondi. Ma come può entrare un mito in una relazione con efficacia? Attraverso le associazioni libere. La seduta sembra morta finchè non compare… spontaneamente… un sogno e sembra deprivata dell’essenza sociale se non compare nelle catene associative, come un sole che illumina, un mito!
Ho scelto il mito di Sisifo per attivare in questo gruppo un Social Thinking and Imagining.
Racconto la trama del mito e poi vediamo come esso risuoni nella mente dei partecipanti che ascoltano e come esso possa essere pensato dalla mente del gruppo come strumento di analisi.
Sisifo, re di Corinto, vuole risolvere il problema della siccità della sua terra. Nell’esplorare il territorio con l’intenzione di trovare fonti di acqua sorprende Zeus che amoreggia, dopo averla rapita, con la ninfa Egina, figlia del dio fluviale, ASOPO. Questi, nelle sembianze di un vecchio, chiede notizie della figlia che non riesce più a trovare, a Sisifo, che gli comunica di aver visto la ninfa, senza però rivelare che ella è stata rapita dal sommo onnipotente.
Sisifo coglie l’occasione di poter ottenere una fonte d’acqua dal dio del fiume in cambio della informazione che permetterebbe al padre di ritrovare la figlia. Rivela perciò l’identità del rapitore di Egina e così riceve in dono da Asopo una sorgente di acqua perenne (PIRENE).
Ma Zeus viene a sapere e chiede al fratello ADE di inviare Thanatos a catturare Sisifo per rinchiuderlo nel Tartaro. Avviene però che quando il dio della morte giunge a casa di Sisifo, viene da questi fatto ubriacare, fatto legare con catene e nascondere in una prigione. Per giorni e giorni per essere Thanatos immobilizzato in una prigione segreta, nel mondo scompare la morte: ciò di cui si adira soprattutto Ares, che quando rileva che nelle battaglie non muore più nessuno si adopera a liberare Thanatos per inviarlo alla missione di condurre Sisifo là dove Zeus, offeso, ha stabilito che il re dell’inganno finisse.
Ma il re prima di essere portato via dalla sua terra riesce a farsi promettere dalla moglie Merope di non provvedere al rito funebre e di non seppellire il suo corpo (questo per avere poi motivo di protestare al cospetto degli dei per l’empietà della moglie, e ottenere con buone probabilità il permesso di ritornare nel mondo, almeno provvisoriamente). Quando egli è al cospetto di Persefone, consorte di Ade, riesce ad ottenere di tornare in vita per tre giorni per apparentemente imporre alla moglie di provvedere ai dovuti riti. Ma egli torna nel mondo dei vivi senza mantenere la promessa fatta alla dea dell’Ade e si nasconde ancora a Thanatos. Allora viene inviato, a scovare l’ingannatore degli dei, Hermes, il quale lo trova e lo riporta nell’ Ade dove definitivamente riceve la punizione che consiste nello spingere un masso enorme dalla base alla cima di un monte per poi vederlo rotolar giù, e questo ripetuto per l’eternità.
Una mia paziente ha lamentato per un buon numero di sedute di essere in preda di una forte angoscia e di avvertire come un grosso peso sul petto. In atteggiamento mio dominato da sonnolenza ho immaginato il peso sul petto come determinato da un grosso masso che con la sua pressione genera una difficoltà di respiro.
Ho scoperto poi che un certo Dumezil, antropologo o studioso di miti ha dato una origine onomatopeica al nome Sisifo: è un suono continuo di ‘sussurrant’ ( siss phuss ) prodotto dal respiro nei passaggi nasali: il ciclo di inspirazione ed espirazione è descritto come un moto di su e giù di Sisifo e del suo macigno su e giù per la collina.
La paziente mi ha raccontato che ha cominciato a fare esercizi di respirazione per controllare l’ansia attraverso il controllo e la consapevolezza del respirare, senza riuscirci adeguatamente. Parla della nonnina che non fa respirare. Dice che fa una gran fatica e che ogni volta si impone di star meglio. E che quando riesce a star meglio poi ha l’impressione di precipitare e al sopraggiungere della sera si sente sfinita. ‘Cosa ho fatto per meritare questa pena!?’ dice in seduta. ‘Il sentirsi su già predispone allo stato mentale di sentirsi giù! ‘Ogni strategia risulta inutile!’. In questo andare su e giù c’è il desiderio e l’impressione di poter modificare il ripetere mortifero di andar su e giù.
In una delle recenti sedute dice, dopo che io le ho accennato al mito di Sisifo, che può riuscire almeno per ora a far rotolare il masso per il versante opposto a quello di salita. Da una settimana la paziente viene in seduta un poco più leggera e sciolta.